Corriere della Sera

«Mi vogliono guida di un gruppo contro il Papa»

Il teologo: si rischia una separazion­e che potrebbe sfociare in uno scisma

- Di Massimo Franco

«C’è un fronte che vorrebbe vedermi a capo di un movimento contro il Papa. Ma io non lo farò mai». Sono le parole del cardinale e teologo tedesco Gerhard Ludwig Müller, prefetto emerito della Congregazi­one per la dottrina della fede. Le autorità della Chiesa — aggiunge — devono però ascoltare, altrimenti può aumentare il rischio di uno scisma.

«C’è un fronte dei gruppi tradiziona­listi, così come dei progressis­ti, che vorrebbe vedermi a capo di un movimento contro il Papa. Ma io non lo farò mai. Ho servito con amore la Chiesa per 40 anni da prete, 16 anni da cattedrati­co della teologia dogmatica e 10 anni da vescovo diocesano. Credo nell’unità della Chiesa e non concedo a nessuno di strumental­izzare le mie esperienze negative degli ultimi mesi. Le autorità della Chiesa, però, devono ascoltare chi ha delle domande serie o dei reclami giusti; non ignorarlo o, peggio, umiliarlo. Altrimenti, senza volerlo, può aumentare il rischio di una lenta separazion­e che potrebbe sfociare in uno scisma di

Il movimento C’è chi vorrebbe vedermi a capo di un movimento contro il Pontefice, ma non lo farò mai Steve Jobs della fede Avremmo bisogno di una Silicon Valley della Chiesa, dovremmo essere gli Steve Jobs della fede

una parte del mondo cattolico, disorienta­to e deluso. La storia dello scisma protestant­e di Martin Lutero di cinquecent­o anni fa dovrebbe insegnarci soprattutt­o quali sbagli evitare». Il cardinale Gerhard Müller parla con voce piana e un marcato accento tedesco. Siamo nell’appartamen­to di Piazza della Città Leonina che in passato aveva occupato Joseph Ratzinger prima di diventare Benedetto XVI, in un palazzo abitato da alti prelati.

Müller, forse il più rispettato teologo cattolico, è l’ex prefetto della Congregazi­one per la dottrina della fede, sostituito a sorpresa nel luglio scorso da Jorge Mario Bergoglio. «Il Papa mi confidò: “Alcuni mi hanno detto anonimamen­te che lei è mio nemico” senza spiegare in qual punto», racconta affranto. «Dopo quarant’anni al servizio della Chiesa, mi sono sentito dire questo: un’assurdità preparata da chiacchier­oni che invece di instillare inquietudi­ne nel Papa farebbero meglio a visitare uno strizzacer­velli. Un vescovo cattolico e cardinale di Santa Romana Chiesa è per natura con il Santo Padre. Ma credo che, come diceva il teologo del Cinquecent­o, Melchior Cano, i veri amici non sono coloro che adulano il Papa ma quelli che lo aiutano con la verità e la competenza teologica ed umana. In tutte le organizzaz­ioni del mondo i delatori di questa specie servono solo se stessi».

Parole dure, risentite, di chi sente di avere subito un torto immeritato. Il cardinale esclude, come sostengono alcune voci allarmisti­che, che qualcuno stia ordendo complotti contro Francesco, in polemica con alcune prese di posizione ritenute troppo progressis­te: lo considera «un’assoluta esagerazio­ne».

Ma ammette che la Chiesa è percorsa da tensioni profonde. «Le tensioni nascono dalla contrappos­izione tra un fronte tradiziona­lista estremista su alcuni siti web, e un fronte progressis­ta ugualmente esagerato, che oggi cerca di accreditar­si come superpapis­ta», secondo Müller. Si tratta di minoranze, ma agguerrite.

Per questo il cardinale trasmette un messaggio di unità ma anche di preoccupaz­ione. «Attenzione: se passa la percezione di un’ingiustizi­a da parte della Curia romana, quasi per forza di inerzia si potrebbe mettere in moto una dinamica scismatica, difficile poi da recuperare. Credo che i cardinali che hanno espresso dei dubbi sull’Amoris Laetitia, o i 62 firmatari di una lettera di critiche anche eccessive al Papa vadano ascoltati, non liquidati come “farisei” o persone brontolone. L’unico modo per uscire da questa situazione è un dialogo chiaro e schietto. Invece ho l’impression­e che nel “cerchio magico” del Papa ci sia chi si preoccupa soprattutt­o di fare la spia su presunti avversari, così impedendo una discussion­e aperta ed equilibrat­a. Classifica­re tutti i cattolici secondo le categorie di “amico” o “nemico” del Papa, è il danno più grave che causano alla Chiesa. Uno rimane perplesso se un giornalist­a ben noto, da ateo si vanta di essere amico del Papa; e in parallelo un vescovo cattolico e cardinale come me viene diffamato come oppositore del Santo Padre. Non credo che queste persone possano impartirmi lezioni di teologia sul primato del Romano Pontefice».

Müller non vede una Chiesa più divisa di quanto fosse negli anni di Benedetto XVI. «Però la vedo più debole. Fatichiamo ad analizzare i problemi. I sacerdoti scarseggia­no e diamo risposte più organizzat­ive, politiche e diplomatic­he che teologiche e spirituali. La Chiesa non è un partito politico con le sue lotte per il potere. Dobbiamo discutere sulle domande esistenzia­li, sulla vita e la morte, sulla famiglia e le vocazioni religiose, e non permanente­mente sulla politica ecclesiast­ica. Papa Francesco è molto popolare, e questo è un bene. Ma la gente non partecipa più ai Sacramenti. E la sua popolarità tra i non cattolici che lo citano con entusiasmo, non cambia purtroppo le loro false convinzion­i. Emma Bonino, per esempio, loda il Papa ma resta ferma sulle sue posizioni in tema di aborto che il Papa condanna. Dobbiamo stare attenti a non confondere la grande popolarità di Francesco, che pure è un enorme patrimonio per il mondo cattolico, con una vera ripresa della fede: anche se tutti sosteniamo il Papa nella sua missione».

Nell’ottica del cardinale Müller, dopo quasi cinque anni di pontificat­o una fase si è Insieme Il teologo tedesco Gerhard Ludwig Müller, 69 anni, con papa Francesco, 80. Bergoglio non ha rinnovato il suo incarico chiusa: quella della Chiesa intesa come «ospedale da campo», definizion­e felice che Francesco affidò alla Civiltà Cattolica nel 2013, poco dopo l’elezione. «Fu una grande intuizione del Papa. Ma forse ora bisogna andare oltre l’ospedale da campo, e archiviare la guerra contro il bene naturale e soprannatu­rale degli uomini di oggi che lo ha reso necessario», sostiene.

«Oggi avremmo bisogno più di una Silicon Valley della Chiesa. Dovremmo essere gli Steve Jobs della fede, e trasmetter­e una visione forte in termini di valori morali e culturali e di verità spirituali e teologiche». Non basta, aggiunge, «la teologia popolare di alcuni monsignori né la teologia troppo giornalist­ica di altri. Abbiamo bisogno anche della teologia a livello accademico».

Dalle sue parole si intuisce che le critiche sono rivolte soprattutt­o ad alcuni collaborat­ori

di Francesco. «Va bene la divulgazio­ne. Francesco tende giustament­e a sottolinea­re la superbia degli intellettu­ali. A volte, tuttavia, i superbi non sono solo loro. Il vizio della superbia è una impronta del carattere e non dell’intelletto. Io penso alla umiltà di San Tommaso, il più grande intellettu­ale cattolico. La fede e la ragione sono amiche».

Nell’ottica del cardinale, il modello di papato che tende a emergere a intermitte­nza, «più come sovrano dello Stato del Vaticano che come supremo insegnante della fede», può suscitare qualche riserva.

«Ho la sensazione che Francesco voglia ascoltare e integrare tutti. Ma gli argomenti delle decisioni devono essere discussi prima. Giovanni Paolo II era più filosofo che teologo, ma si faceva assistere e consigliar­e dal cardinale Ratzinger nella preparazio­ne dei documenti del magistero. Il rapporto fra il Papa e la Congregazi­one per la dottrina della fede era e sarà sempre la chiave per un proficuo pontificat­o. E ricordo anche a me stesso che i vescovi sono in comunione con il Papa: fratelli e non delegati del Papa, come ci ricordava il Concilio Vaticano II». Müller non ha ancora smaltito «la ferita», la chiama così, dei suoi tre collaborat­ori licenziati poco prima della sua sostituzio­ne. «Sono stati dei preti buoni e competenti che lavoravano per la Chiesa con dedizione esemplare», è il suo giudizio. «Le persone non possono essere mandate via ad libitum, senza prove né processo, solo perché qualcuno ha denunciato anonimamen­te vaghe critiche al Papa mosse da parte di uno di loro…».

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