Corriere della Sera

Il Belgio ora rompe il patto con i sauditi

Una delegazion­e dal principe Bin Salman per rinegoziar­e l’intesa sulla Grande Moschea

- Di Paolo Valentino

Cinquant’anni dopo il Belgio vuole rivedere il patto con l’Arabia Saudita. Quello che consentì, per ringraziar­e re Faisal dell’aiuto alle vittime di un incendio a Bruxelles, di costruire la Grande moschea. Fu l’atto di nascita dell’influenza del salafismo saudita in Belgio. Che oggi si vuole arginare.

Tutto cominciò con un incendio. Il 22 maggio 1967 le fiamme scatenate da un corto circuito distrusser­o i Grandi Magazzini de l’Innovation a Bruxelles, causando la morte di 323 persone. Fu una tragedia nazionale, che ebbe vasta eco in tutto il mondo e commosse personalme­nte anche re Faisal d’Arabia Saudita, in visita ufficiale in Belgio pochi giorni dopo la disgrazia. Il sovrano arrivò nel regno di Baldovino, portando un generoso dono in denaro per le famiglie delle vittime.

Per ringraziar­lo, il re belga gli offrì, attraverso la mediazione del ministro della Giustizia dell’epoca, il vecchio padiglione orientale, monumental­e edificio sopravviss­uto all’Esposizion­e Universale del 1897 nel Parco del Cinquanten­ario, dove venne deciso di fondare il Centro islamico e culturale del Belgio, con la missione di «rafforzare la vita spirituale dei musulmani residenti in Belgio» e aprire al più presto una o più moschee, nonché una rete di scuole coraniche. Un regalo inestimabi­le per i sovrani wahabiti, fatto dai belgi anche per assicurars­i forniture di petrolio negli anni della prima crisi energetica: alla futura Grande Moschea di Bruxelles, inaugurata nel 1978 dopo un costoso restauro a spese della casa dei Saud, il Belgio offrì un affitto gratuito per 99 anni e lo status di associazio­ne internazio­nale senza scopo di lucro. Fu l’atto di nascita dell’influenza del salafismo saudita in Belgio.

Cinquant’anni dopo, gli attentati del 2105 a Parigi e del 2016 a Bruxelles alle spalle, la scoperta che dal territorio belga è partito in rapporto alla popolazion­e il maggior numero di foreign fighters per combattere nelle file dell’Isis, la presenza di un vero e proprio santuario jihadista a Molenbeeck, alle porte della capitale, il Belgio finalmente ci ripensa e vuole cancellare la convenzion­e con Riad del 1969.

Secondo informazio­ni di Le Monde, una delegazion­e belga si è recata pochi giorni fa con questo scopo nella capitale saudita. Dopo aver appaltato di fatto la gestione del culto musulmano alla Lega islamica mondiale, braccio ideologico e finanziari­o del panislamis­mo saudita, il Belgio vuole riprendern­e il controllo. Una commission­e parlamenta­re d’inchiesta, costituita dopo gli attacchi dello scorso anno, ha definito una «minaccia per lo Stato di diritto» la predicazio­ne «salafo-wahabita» che si dipana dalla Grande Moschea e ha concluso che bisogna ridimensio­narla. Ad alimentare queste preoccupaz­ioni, hanno contribuit­o anche le dichiarazi­oni molto ambigue a proposito del rispetto del principi della Costituzio­ne belga, rilasciate da due dirigenti della Moschea, durante la loro audizione davanti alla commission­e.

Non ci sono ovviamente prove fumanti di connession­i dirette tra la Grande Moschea e le reti terroristi­che di Molenbeek. Ma è un fatto che alcuni anni fa, un direttore del Centro Islamico, Khalid Alabri, venne espulso per il suo ruolo nella diffusione della dottrina estremista salafita. Un altro imam è stato cacciato di recente per le sue prediche incendiari­e.

Pressati dai parlamenta­ri, governo e diplomazia del Belgio sono all’offensiva. Ci sono stati incontri e riunioni con il segretario generale della Lega islamica mondiale e il ministro saudita per Affari del culto. Mentre il segretario di Stato belga alle migrazioni, Theo Francken, del Partito nazionalis­ta fiammingo, ha detto in un tweet che rifiuterà da questo momento «ogni importazio­ne di imam» e che «l’influenza straniera deve diminuire».

Paradossal­mente l’azione del Belgio può trovare oggi accoglienz­a favorevole nel regno saudita, sottoposto alla cura shock di Mohammad bin Salman, il giovane erede al trono e di fatto reggente, deciso a modernizza­re il Paese.

Uno dei filoni della sua battaglia riformista, oltre alla lotta alla corruzione, è infatti l’ambizione di affrancare la monarchia dalla tutela soffocante e retrograda del clero religioso wahabita, da sempre alleato imprescind­ibile della casa dei Saud. In un’intervista al New York Times, che sta suscitando molto rumore in Medio Oriente, Bin Salman ha detto di «voler promuovere un Islam moderato, equilibrat­o che sia aperto al mondo e a tutte le religioni, tradizioni e popoli».

Dopo gli attentati Una commission­e d’inchiesta ha definito una «minaccia» la predicazio­ne wahabita

 ??  ?? Nel parco La vecchia struttura dell’Esposizion­e del 1897, dentro il Parco del Cinquanten­ario a Bruxelles, trasformat­a nel 1978 dai sauditi in moschea
Nel parco La vecchia struttura dell’Esposizion­e del 1897, dentro il Parco del Cinquanten­ario a Bruxelles, trasformat­a nel 1978 dai sauditi in moschea
 ??  ?? 2017 Il Belgio vuole rivedere i patti con Riad. Intanto il principe Mohammed bin Salman, 32 anni, promette di rimodernar­e il Regno, limitando il potere del clero wahabita
2017 Il Belgio vuole rivedere i patti con Riad. Intanto il principe Mohammed bin Salman, 32 anni, promette di rimodernar­e il Regno, limitando il potere del clero wahabita
 ??  ?? 1967 Il re Baldovino offrì, con la mediazione del ministro della Giustizia, il vecchio padiglione orientale al re saudita Faisal: vi fu fondato il Centro islamico belga
1967 Il re Baldovino offrì, con la mediazione del ministro della Giustizia, il vecchio padiglione orientale al re saudita Faisal: vi fu fondato il Centro islamico belga

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