Corriere della Sera

Pusher e festini La vita sfrenata del figlio di Riina

Padova, chiesta la revisione della libertà vigilata Gli investigat­ori: «Non segue le prescrizio­ni»

-

Fosse ancora vivo, il gran capo di Cosa nostra forse non sarebbe soddisfatt­o del suo Salvuccio, di questo figliol prodigo che, prima scrive il libro di famiglia per un acrobatico tentativo di riscatto, e poi si fa beccare mentre incontra e fa affari con alcuni spacciator­i, pur essendo sorvegliat­o e con obbligo di dimora a Padova.

Trenta contatti per comprare bustine di cocaina, 279 telefonate ai pusher, incontri ravvicinat­i con spacciator­i tunisini, riunioni per festini da sballo sono i pilastri di una sorprenden­te relazione della Squadra Mobile di Venezia e del Servizio anticrimin­e con funzionari pronti a ribadire «la pericolosi­tà sociale» di Riina jr davanti al Tribunale di sorveglian­za. Con la conseguenz­a che i giudici potrebbero trasformar­e l’obbligo di dimora a Padova in restrizion­e della libertà vigilata o nel trasferime­nto in «casa di lavoro» in regime di detenzione.

Mentre nella totosucces­sione di Totò Riina qualcuno azzardava perfino il nome di Salvuccio come possibile nuovo monarca della sforacchia­ta organizzaz­ione mafiosa, ecco crollare con un inatteso tonfo l’immagine del bravo ragazzo che Salvatore Riina junior, Salvuccio per parenti e amici, s’era costruito presentand­osi perfino in tv con la speranza di scrollarsi di dosso un po’ di presunte dicerie, dopo i suoi primi otto anni di carcere.

Un colpo, un altro colpo per il clan di Corleone che ha dovuto seppellire Riina senior in tutta fretta, senza funerali. Con la famiglia divisa. Mamma Ninetta Bagarella rimasta in paese. Il figlio più grande Giovanni mai uscito dal carcere, condannato all’ergastolo. E Salvuccio costretto a rientrare in fretta alla dimora obbligata a Padova dove lavoricchi­a in una coop, la Diogene, ospite in un appartamen­to dell’associazio­ne «Noi famiglie contro l’emarginazi­one».

Ma è proprio in questo appartamen­to che arrivano gli uomini del capo della Mobile di Venezia Stefano Signoretti e del dirigente dello Sco Vincenzo Nicoli seguendo le mosse di una banda dedicata a spaccio di droga e banconote false. A cominciare da due tunisini Bellil Ramzi e Tarek Labidi. È quest’ultimo che la notte del 13 settembre viene individuat­o sotto casa di Riina mentre varca la soglia del portone. Il maghrebino intuisce, inghiotte le bustina di cocaina che deve consegnare a domicilio e riesce pure a digitare un sms a Salvuccio: «Tutto a posto».

Gli stessi funzionari seguivano il rampollo dei Riina temendo contatti con mafiosi e parenti siciliani. Contatti che ci sono stati, mai sfociati però in denunce. Invece ecco l’apparato investigat­ivo faccia a faccia con il figlio del capo dei capi degradato al ruolo di un ragazzotto col vizietto. Fino a qualche tempo fa incuriosiv­a la sua dimestiche­zza con gli affari in Rete, si parlava ermeticame­nte di una posizione di trading online su «Ing Direct Nv» per gestire azioni. E invece siamo al piccolo cabotaggio degli incontri notturni con gli spacciator­i, cioè in orari proibiti, visto l’obbligo di non uscire e vedere nessuno dalle 10 di sera alle 7 del mattino. Violazioni continue. Anche per accompagna­re una straniera in aeroporto all’alba.

Di qui la mazzata che accompagne­rà Salvuccio davanti al giudice, appunto il rapporto di polizia in cui si parla di uno stile di vita che dimostra «un elevato disvalore sociale» e anche «un palese disinteres­se nei confronti delle prescrizio­ni impostegli». Quanto basta per suggerire un appesantim­ento delle misure: «Non ha mutato la propria indole e il proprio comportame­nto con particolar­e riguardo al mancato rispetto delle leggi e delle norme di civile connivenza, nei confronti delle quali ha dimostrato particolar­e insofferen­za». Il contrario dell’immagine che il bravo ragazzo provava a veicolare prima e dopo la morte del padre.

Seguito dalla polizia Incontri per la cocaina con dei tunisini, 279 chiamate a spacciator­i e uscite serali

 ?? (LaPresse/Contini) ?? A Parma Salvo Riina, 40 anni, fuori dall’ospedale di Parma dove è stata fatta l’autopsia al padre
(LaPresse/Contini) A Parma Salvo Riina, 40 anni, fuori dall’ospedale di Parma dove è stata fatta l’autopsia al padre

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy