Corriere della Sera

Un anno di molestie su WhatsApp «Ricordati che qui decide il sindaco»

Lo scandalo di Mantova. Spunta anche una foto senza veli del primo cittadino

- DAL NOSTRO INVIATO Andrea Pasqualett­o

Nella città dei Gonzaga e dell’amore, proprio nella giornata dedicata alla lotta alla violenza di genere, esplode un sexy scandalo che di questi temi sembra essere parente stretto. C’è il giovane sindaco renziano Mattia Palazzi, che viene accusato di aver chiesto favori sessuali in cambio di fondi pubblici a un’associazio­ne culturale; e c’è una donna, vicepresid­ente di quell’associazio­ne, destinatar­ia delle attenzioni del primo cittadino. In mezzo, un anno di messaggi WhatsApp e sms fra i due, alcuni decisament­e spinti, e una foto in cui lui si mostra nudo. «Staresti bene messa a …, sei una birichina». «Ricordati che le cose non vanno avanti senza il benestare del sindaco, attieniti alle regole». «Vieni qui che ti…».

Lei inizialmen­te la prende sul ridere. Cerca uno smarcament­o tipo «sei inopportun­o e maleducato». Fino a che confida tutto alla sua capa, facendole vedere i messaggi più sorprenden­ti. E l’altra che fa? «All’inizio sorridevo e dicevo “ma guarda tu cosa scrive il sindaco” — racconta ora la presidente dell’associazio­ne, che peraltro si occupa di bambini e di donne —. Perché io penso che ci stia anche un’avance fra un uomo e una donna, ma non lui sarà invitato a difendersi. Le ipotesi di reato riguardano un periodo che va dal novembre 2016 al novembre 2017».

Ma cosa dice questo sindaco del Pd di 39 anni che governa la città dal 2015 dopo aver lavorato molto «per il sociale» come diceva lui stesso in campagna elettorale? «Nessun rapporto sessuale, nessuna richiesta in tal senso, nessuno scambio di favori e nessun abuso del mio ruolo di sindaco. Né con questa donna né mai», ha alzato gli scudi Palazzi. Sostiene di essere sconvolto dalla vicenda e di poter chiarire tutto. Per lui sarebbe tutto un grande equivoco, una strumental­izzazione politica, un’interpreta­zione sbagliata delle conversazi­oni e questo emergerebb­e anche dalle chat lette nella loro interezza che farà vedere al pm. «Sono giorni duri», scrive sui social. Fra i tanti paradossi di questa storia, nella quale qualcuno pensa che dietro l’indagine «sessuale» ci sia dell’altro, anche la reazione della vittima che, assistita dall’avvocato Davide Pini, è scesa in campo a proteggere il suo «concussore»: «La mandante non sono io. Sono stata usata da chi vuole distrugger­e Mattia». E parla di avversari politici: «Ma se diranno falsità, io lo difenderò».

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