L’onda lunga del super
● Nel 1995, dalla collaborazione con Armando Testa, nacque la serie dei personaggiprodotti (in alto, John Lemon)
Zuppa di canguro, nidi di rondine, pinne di pescecane, e frutti esotici (quasi) proibiti nell’Italia di allora come l’ananas: questi ed altri prodotti comparvero, come scriveva il Corriere, una mattina a Milano in viale Regina Giovanna, sotto un’insegna con una S lunghissima sopra la parola supermarket, inventata dal designer svizzero Max Huber. Era il 27 novembre 1957 e il primo supermercato di cibi all’americana irrompeva in un’Italia che già conosceva il frigorifero (ce ne erano 400 mila), ma aspettava ancora di entrare nella grande avventura dei consumi. Leggenda vuole che anziane signore di nero vestite, più avvezze a drogherie e piccoli negozi tuttofare, rimasero impietrite davanti a una tale scintillante concentrazione di cibi.
L’Esselunga è entrata così nell’immaginario italico e ci è rimasta finora, accompagnando con le sue innovazioni e le sua campagne pubblicitarie l’evoluzione del Paese e condizionando mode e modi. E deve di un’innovazione continua, dal marketing alla pubblicità, dall’introduzione del codice a barre e della gestione informatizzata dei magazzini all’apertura domenicale, celebrata da quelli di Zoo di 105 con un video-parodia: «È diventato di moda far la spesa la domenica all’Esselunga» cantano oggi, dopo che per anni per i loro genitori incontrarsi al supermercato di Viale Papiniano o a quello di viale Piave a Milano era meglio di un appuntamento al buio.
«Ha sempre saputo seguire l’evoluzione del Paese, cogliendo in anticipo i segnali anche deboli di cambiamento. E ha saputo dare a tutti un’ottima opzione, offrendo a milioni di italiani il miglior compromesso fra varietà, tempo a disposizione, convenienza. E difatti non ha mai scelto l’ipermercato, a favore dei superstore» dice Roberto Ravazzoni, professore ordinario di Marketing distributivo presso Unimore. Il tema della qualità è stato pallino fisso di Bernardo Caprotti, che amava incrociare