Pil, Confindustria ottimista «Ma per la crescita decisive le scelte post voto»
Complici il buon andamento dell’industria, lo slancio degli investimenti e la crescita dell’export grazie per lo più alle vendite nell’area extra-Euro, per Confindustria «gli indicatori sono coerenti con una variazione del Pil italiano dell’1,5% nel 2017nonostante la debolezza del fatturato dei servizi». Un cauto ottimismo che si trasmette anche alle stime per il 2018 viste in rialzo. A dirlo è l’analisi mensile del Centro studi dell’associazione degli industriali che punta però il dito contro il credito bancario, vero tassello mancante della ripresa made in Italy che secondo l’associazione degli industriali «rimane una zavorra», non in grado di supportare la crescita delle imprese italiane.
«La dinamica annua dei prestiti alle imprese — si legge nel report — è peggiorata». Vero è che i tassi ai minimi (all’1,4% a settembre) hanno favorito la domanda di nuovi finanziamenti. A contribuire al quadro ottimistico tracciato da Confindustria, anche l’occupazione che registra segnali di crescita e che sostiene i consumi, «coerenti con il reddito reale delle famiglie». Come emerge dallo studio, la dinamica dei salari sulla scia del recupero dell’occupazione «resta anche nel 2017 al di sopra dell’inflazione, anche in questo caso con benefici sui bilanci delle famiglie».
È il contesto politico italiano che smorza l’entusiasmo di Confindustria: «Con uno scenario internazionale così favorevole e con la pronta reazione delle imprese agli stimoli esterni e interni, saranno decisive le scelte fatte dopo il voto politico per chiudere il divario di crescita italiano con il resto dell’Area euro» che chiuderà il 2017 con la crescita annua più alta dell’ultimo decennio. E dal contesto internazionale arrivano altri elementi che potrebbero influenzare negativamente il quadro congiunturale. L’incertezza delle tempistiche sull’approvazione e sulle dimensioni della riforma fiscale negli Stati Uniti, le conseguenze di una Brexit sempre più vicina e le incertezze politiche che stanno caratterizzando il nuovo governo in Germania che rischia nuove elezioni entro marzo.