Percorsi
«Quello delle infezioni urinarie rappresenta uno dei tanti campi della medicina in cui la cooperazione tra differenti specialisti (nefrologi, urologi, infettivologi) deve essere molto stretta, suggerendo nuovi schemi organizzativi, sia delle reti ospedaliere che territoriali, con il paziente al centro dei percorsi di diagnosi, di cura e, non ultima, di ricerca», sottolinea Messa alle domande dei lettori su temi di urologia all’indirizzo
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uando si parla di infezioni delle vie urinarie, in genere si pensa subito alla cistite, che in effetti è la più comune. Ma talvolta può capitare che a essere coinvolti siano i reni, con la cosiddetta pielonefrite, una patologia con un impatto clinico decisamente maggiore.
A che cosa sono dovute le infezioni?
«Sono causate dall’ingresso di microrganismi patogeni nelle vie urinarie. Nella maggior parte dei casi, i responsabili sono batteri provenienti dall’intestino o dalla vagina, che penetrano nell’uretra, il condotto che trasporta l’urina dalla vescica all’esterno, a volte in seguito a una scorretta igiene personale, spesso dopo rapporti sessuali o per numerosi altri motivi, che coinvolgono le capacità di difesa locali o generali della persona. La conseguenza è che i batteri possono moltiplicarsi ed espandersi nelle vie urinarie — spiega il professor Piergiorgio Messa, direttore dell’Unità di nefrologia, dialisi e trapianto di rene del Policlinico di Milano —. In base alla localizzazione, si dividono in infezioni delle basse vie urinarie, che riguardano l’uretra (uretriti) o la vescica (cistiti), e infezione delle alte vie, come la pielonefrite, che coinvolge il rene. Le infezioni delle vie urinarie possono verificarsi in persone per altro sane oppure in individui con problematiche che compromettono la funzionalità dell’apparato urinario e/o il sistema immunitario».
Chi rischia di più di svilupparle?
«In primo luogo le donne a causa di alcune specificità anatomiche (maggiore brevità dell’uretra rispetto a quella maschile e vicinanza dell’uretra stessa all’ano e alla vagina), che facilitano l’ingresso di microrganismi infettanti verso la vescica. A essere più suscettibili sono soprattutto le donne in età fertile, anche durante la gravidanza, per la presenza di ulteriori fattori favorenti le infezioni, tra i quali la tendenza a un maggior ristagno di urine, dovuto sia all’aumentato volume dell’utero sia a fattori neurormonali, che inducono un “rilassamento” delle vie urinarie. L’uomo, invece, sviluppa infezioni urinarie soprattutto dopo i 60 anni, complice l’ingrossamento della ghiandola prostatica, spesso legato all’invecchiamento, che determina un ostacolo a un completo svuotamento della vescica, con la persistenza di un ristagno di urine, che facilita la crescita batterica. Altri fattori di rischio, comprendono l’obesità, il diabete, oltre che una predisposizione genetica. Come accennato prima, le infezioni urinarie possono essere una frequente complicanza nelle persone che presentano anomalie della struttura e/o della funzione delle vie urinarie, come la calcolosi urinaria, il reflusso vescico uretrale (il ritorno dell’urina dalla vescica verso gli ureteri e i reni durante la urinazione), i disturbi dello svuotamento della vescica per cause neurologiche (paraplegia, ecc.), l’uso prolungato di cateteri vescicali, l’insufficienza renale, ecc.».
Quali sono i segnali da non sottovalutare?
«I sintomi tipici delle infezioni delle basse vie urinarie sono il bisogno di urinare spesso e con urgenza, la difficoltà a urinare nonostante lo stimolo, il dolore a urinare e talvolta la presenza di sangue nelle urine. Brividi, febbre, dolore lombare o al fianco, nausea e vomito, a cui possono associarsi o meno i disturbi caratteristici di cistiti e uretriti, sono invece i campanelli d’allarme di una più pericolosa pielonefrite. In alcuni casi, può anche capitare di riscontrare un’alta carica di batteri nelle urine, senza che siano presenti i sintomi di un’infezione urinaria (batteriuria asintomatica)».