Aiuti Ue, la linea Minniti: ci dicano come usarli
Il successo di un «Piano Marshall per l’Africa» finanziato dall’Unione Europea dipende, in primo luogo, dall’entità delle risorse messe in campo da Bruxelles. Ma la sua efficacia è legata anche alla qualità degli interventi che devono rispondere alle indicazioni dei vari Paesi beneficiari degli interventi. «Il modello è quello proposto dall’Italia con i sindaci delle varie città libiche che hanno indicato ognuno le priorità per il proprio territorio...», è l’auspicio del ministro dell’Interno, Marco Minniti, che sta conducendo in prima linea un’intensa attività diplomatica in Nord Africa e sul fronte subsahariano, teatri di imponenti flussi migratori e non solo. «L’Europa non cresce da un punto di vista demografico mentre l’Africa cresce impetuosamente — rileva il responsabile del Viminale — e tutto questo non può certo essere fermato con un colpo di bacchetta magica: per cui guardatevi da coloro che dicono “se arrivo io con un colpo di teatro risolvo tutto”». E la complessità dei dossier trattati al vertice di Abidjan — il cui successo è un impegno per l’Italia che è rappresentata in Costa d’Avorio dal presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni — fa dire a Minniti che «occorre creare le condizioni in Africa perché ci sia uno sviluppo, una formazione di classi dirigenti, il consolidamento di una democrazia per cui nessuno debba lasciare i Paesi dai quali sta partendo». Ma solo per avvicinarsi a questi obiettivi «ci vogliono risorse significative e imponenti... e ora si tratta di passare dalla fase delle affermazioni a quella dei progetti concreti». Anche perché — insiste Minniti che è pur sempre il ministro responsabile della sicurezza interna — lungo le rotte delle migrazioni viaggiano armi e terroristi: «E se non c’è una attenta politica verso l’Africa, c’è il rischio che il Nord Africa possa diventare un paradiso sicuro per i foreign fighters che vogliono tornare in Europa dopo aver combattuto in Iraq e in Siria»