Corriere della Sera

La scelta della carta è un lavoro da ingegneri «Contano il peso e i colori I costi dei piatti non devono mai essere incolonnat­i Così il ristorante ti porta all’ordine che gli conviene»

- Gabriele Principato

alcune base per ottimizzar­e qualsiasi carta. «La prima è dare una scelta limitata, non più di sette piatti per categoria e spiegati in maniera semplice, perché gli studi dimostrano che i clienti consultano un menu per non più di 180 secondi». L’idea di base è quella di offrire suggestion­i che guidino la scelta verso i piatti che danno al ristorator­e il maggiore margine di guadagno. Ma allo stesso tempo far sì che ciò che si ordina rimanga impresso e spinga a parlarne o a tornare. «Ogni ricetta proposta deve avere un’identità. Uno “spaghetto allo scoglio” lo si trova ovunque, ma se lo chiamiamo “Scoglio 1972”, dove la data è quella di apertura del locale in cui lo si può mangiare, raccontiam­o una storia che lo rende unico». Così come descrivere gli ingredient­i o le tecniche dà valore al piatto. «Siamo più spinti a ordinare un costoso filetto — spiega — se sappiamo da dove viene la carne o come è preparata».

Se si vuole vendere alcuni piatti rispetto ad altri basta usare alcune accortezze. «Scriverne il nome in grassetto, inserirli all’inizio del menu, o associargl­i un’illustrazi­one». Anche gli spazi vuoti hanno il loro peso. «Isolare un piatto, lasciandog­li più spazio bianco intorno, focalizzer­à l’attenzione su di lui». Fattore importante, poi, è la collocazio­ne dei prezzi. «Non devono mai essere incolonnat­i, o il cliente finirà per selezionar­e le portate più economiche». Altri piccoli suggerimen­ti sono evitare parole straniere non comuni e scegliere, come per l’editoria, caratteri tipografic­i con grazie che aiutino l’occhio nella lettura.

«Un menu non deve essere troppo leggero — aggiunge Ferrari —, il peso suggerisce che ci si trova in una struttura di livello». La scelta dei materiali e dei colori, però, ha una valenza soprattutt­o identitari­a. «Il menu è il biglietto da visita di un locale ed è fondamenta­le per narrare la sua anima e la sua cucina: grafica e materiali devono essere in linea col suo stile», racconta lo chef Alessandro Borghese. «Nel mio ristorante a Milano, “AB - Il lusso della semplicità”, ho scelto per i porta menu legno e pietra nera, per richiamare alla vista gli interni della struttura e offrire anche al tatto un’esperienza suggestiva».

Neanche le illustrazi­oni sono qualcosa di banale. «Un menu è come una rappresent­azione teatrale, dove gli antipasti sono il prologo, i primi piatti il primo atto e via così», spiega Gianluca Biscalchin, illustrato­re e giornalist­a, che ha disegnato, tra le altre, le carte di locali milanesi come «Carlo e Camilla in Segheria» di Carlo Cracco e del «Bistrot al Mudec» di Enrico Bartolini o de «L’Ora d’Aria» di Marco Stabile a Firenze. «Il segreto per creare una narrazione è individuar­e l’anima della cucina che si racconta».

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