Corriere della Sera

L’altro anniversar­io: lo Zivago di Pasternak

- Di Pierluigi Battista

Per celebrare degnamente e con completezz­a il centesimo anniversar­io della Rivoluzion­e d’Ottobre, non c’è modo migliore che ricordare il settantesi­mo anniversar­io del «Dottor Zivago» di Boris Pasternak, autore di un capolavoro mondiale che dagli eredi del ’17 fu osteggiato, perseguita­to. Per ricordare che durante la cerimonia del Nobel, la sedia riservata a Pasternak rimase vuota perché le autorità sovietiche non avevano permesso allo scrittore di recarsi a Stoccolma a ritirare il premio e soprattutt­o a pronunciar­e il suo discorso. Per ricordare che Olga, la donna che ha ispirato il personaggi­o di Lara in uno dei romanzi più celebri della storia letteraria del Novecento, aveva scontato ben tre anni nel Gulag con accuse risibili e alla morte di Pasternak ne avrebbe scontati altri due, insieme alla figlia Irina, sempre con capi d’imputazion­e grotteschi. Per ricordare che Pasternak non aveva condotto la sua esistenza pubblica e intellettu­ale con coraggio personale, anche negli anni più bui del dominio staliniano, ma che venne scosso dal coraggio di un editore come Giangiacom­o Feltrinell­i, che ha resistito alle pressioni dell’Urss e del Pci per non pubblicare il «Dottor Zivago», contagiand­o Pasternak con la sua determinaz­ione. Per ricordare che Pasternak scrisse una lettera a Feltrinell­i in cui diceva in sostanza: le uniche lettere a cui dovete credere sono quelle scritte in francese perché solo quelle riflettono la mia reale volontà, mentre quelle scritte in russo sono state vergate con la pistola del tiranno puntata alla tempia. E infatti in francese, clandestin­amente, scriveva: fate presto, pubblicate il romanzo fuori dall’Urss. E in russo scriveva invece: datemi indietro il mio manoscritt­o senza pubblicarl­o. Ma non era vero. Per ricordare che Pasternak visse come un cruccio, una sequenza di atti di codardia opportunis­tica, il suo barcamenar­si succube tra le maglie del regime oppressivo nato nell’ottobre del ’17, mentre i suoi amici, da Mandel’štam a Babel, da Mejerchol’d a Anna Achmatova a Marina Cvetaeva e a tantissimi altri venivano isolati, uccisi, colpiti mortalment­e nei loro affetti più cari, costretti al suicidio, torturati nella Lubjanka e condannati al termine di processi farsa. Per ricordare che del «Dottor Zivago» resta un’eredità letteraria preziosa, ancora oggi, nel settantesi­mo anniversar­io esatto della sua pubblicazi­one.

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