Nanda, viaggi di un cuore on the road
Appunti di un’esploratrice: le registrazioni su nastro della Pivano diventano un libro
Cosa vuoi che ti dica? Dopo mio marito e la radio mi interessa solo viaggiare. Voglio vivere viaggiando. Voglio morire in viaggio o comunque con un biglietto per un posto lontano in tasca. Viaggi che cominciano dal pensare di viaggiare.
Il biglietto in tasca, la valigia da fare, come vestirsi per il volo, scegliere l’albergo.
Viaggiare per vedere gli alberghi, l’ho fatto. Ha senso.
Se la Nanda avesse viaggiato oggi, sono certa che avrebbe amato Airbnb.
Lei, Ettore, il mio babbo e tutta la loro gang sono viaggiatori giocanti e arredanti.
Viaggiavano alla ricerca di nuovi oggetti e giocattoli con i quali baloccarsi e poter soddisfare quella insaziabile necessità di ninnarsi e riempirsi le case, le valigie, il loro lavoro, le loro vite.
Adulti sempre intenti a cercare la nuova miccia per appicciare il sacro fuoco del balocco.
Arredare le stanze dove si alloggia, viaggiando per circondarsi sempre di nuovi svaghi, vestire e travestirsi, dire, fare, baciare, lettera e testamento.
Li ho sempre visti tornare dai viaggi carichi di cose. Valigie, sacchetti, rotoli e cartoni. Oggetti incartati nelle veline di carta di riso, nei fogli di giornale o nella paglia a seconda di dove erano stati. Gli occhi pieni di scintille e risate e racconti. Quando tornavano dai viaggi avevano un odore diverso. Puzzavano di aereo e anche la voce era diversa. Parlavano forte.
Indossavano i viaggi appena fatti, per giorni, e poi li decomponevano in archivi, scritti, scarabocchi, testi, oggetti. Viaggiare è l’unico modo possibile. Viaggiare è l’unico mezzo possibile. Gli oggetti sono giocattoli e le parole pure. Inventarli allarga il cerchio delle possibilità e più puoi e più ti diverti.
Nanda ha viaggiato, cercando parole nuove e ne ha trovate tante.
Sapeva bene che le parole hanno lo stesso potere delle canzoni. Ti cambiano la vita.
Ha cercato parole viaggiando, per collezionarle e costruire nuovi orizzonti, per se stessa e per chi sarebbe venuto dopo. Se esiste la parola, ne esiste il concetto. Se una cosa è detta o è scritta, esiste. Non è uno scherzo. Non è una cosa da poco.
Mi ricordo che una volta la mamma tornò da un viaggio a New York con un vestito di carta.
Era un abitino fatto di carta da cucina. Capisci bene che dopo una cosa come questa, la vita non può più essere la stessa. Per nessuno. Per chi lo ha visto e comprato. Per chi lo ha visto tornare addosso alla mamma. Ma i viaggi sono così.
I viaggi cambiano le persone che viaggiano, le persone che restano e i rapporti tra di loro.
I viaggi fatti in quegli anni, gli anni in cui viaggiavano Nanda e la sua ballotta hanno cambiato il mondo. Dopo quei viaggi i posti sono più vicini.
Io ho viaggiato in tutti i modi, con e senza tutti i crismi.
Da dizionario, «crisma»: olio consacrato dal vescovo. Approvazione, convalida data da un superiore, da un’autorità, in piena regola, con l’osservanza di tutte le norme richieste.
Ecco diciamo che una come la Nanda ha viaggiato parecchio senza crismi e per fortuna!
Oggi molti e molte viaggiano con agio e facilità, lei viaggiava QUANDO non si usava e soprattutto DOVE non si usava, anzi, soprattutto COME non si usava.
Faceva parte di quel gruppo che ha sdoganato viaggi e parole e oggetti per tutti. Aprendo a tutti l’idea, la possibilità, le tratte. I posti sono lontani e nascosti finché non li si scopre, poi sono lì! Visibili! Viaggiabili!
Bomba libera tutti! si urla quando si gioca a nascondino.
Quella banda di viaggiatori ha liberato tutti i viaggiatori.
Cacciatori e cacciatrici di parole e oggetti, io vengo da quella tribù.
Ne sono fiera e affaticata, cerco di tenere alta la bandiera fatta di scampoli e pezze comprate sui banchini dei mercati dei posti che ho visto e vedrò.
Mi piace il jet lag, quei due giorni in cui il corpo è già a destinazione e l’anima ancora lo deve raggiungere.
Mi piace la malinconia di casa e del posto in cui non tornerai mai più.
Mi piace la valigia sempre sbagliata.
La paura di arrivare tardi in aeroporto o di perdere un treno, anche se non mi è mai successo.
Allora, forse, è perché non mi è mai successo. Non voglio mai tornare. Poi torno e son felice. Poi riparto. Son felice. Sono felice se parto io ma anche se partono gli altri, l’annuncio di un viaggio è sempre una bella cosa! Come l’arrivo di una bambina o un bambino.
Sono felice quando qualcuno torna da un viaggio e puzza di aereo. C’è chi viaggia per sé e chi per tutti. Chi viaggia per sé, lo fa silenziosamente, e immagazzina senza sharing. Magari scatta foto ma silenziose anche quelle.
Nanda era una viaggiatrice ad alta voce. Viaggiava e registrava su nastro tutto quello che vedeva nel momento in cui lo vedeva. Molto più di una foto. Parole, dettagli, aggettivi, esempi, meticolosa.
Registrava il momento in audio e poi trascriveva.
Il risultato sono cartoline fatte di parole e sensazioni filtrate dal suo cuore on the road.
Quel modo di viaggiare lo amo e l’ho fatto mio, io viaggio per tutti e, se non lo racconto un posto, è come se non ci fossi stata.
Gli oggetti, le parole e i viaggi sono una cosa sola.
Il viaggio è un oggetto che si progetta, si usa e si butta o conserva.
Ogni viaggio è una parola nuova che si spiega e racconta con tante altre che già sapevi.
Ho in tasca l’ennesimo biglietto per Tokyo e sono pazza di gioia.
Una gioia che a tratti mi preoccupa perché davvero esagerata, ma poi penso al rumore dei braccialetti e delle cavigliere della Nanda tornata da chissà dove e mi calmo.
Quando il babbo si è rotto il femore sciando lo hanno ricoverato in un ospedale austriaco e i primi a fargli visita sono stati Ettore e la Nanda.
Gli portarono una bella scatola di matite colorate con cui fece un autoritratto e scrisse una serie di lettere d’amore alla mia mamma, tutte colorate... da quelle lettere siamo nate io e la Lorenza.
Viva le matite colorate!
Faceva parte di quel gruppo che ha sdoganato viaggi e parole e oggetti per tutti