MUSICA SACRA I CAPOLAVORI
GLI ARTISTI CHE SI SONO MISURATI CON IL MISTERO DELL’ESISTENZA
La nuova collana musicale del Corriere della Sera è dedicata alla Musica sacra. Non a un singolo interprete, dunque, come è avvenuto negli ultimi anni, ma a un genere — un genere difficile da definire compiutamente, ma che senza dubbio contiene una rosa di capolavori tra i più alti che l’arte musicale abbia prodotto, in ogni tempo e luogo.
Specifico della rassegna — in edicola a partire da oggi, un disco a settimana (al costo di 9,90 euro oltre al prezzo del quotidiano) per venti settimane, e cioè fino al prossimo 9 aprile — è il fatto che il repertorio selezionato si accorda passo passo al calendario liturgico, respirandone per così dire l’aria.
Perciò pagine come il bachiano Oratorio di Natale o il Messiah di Händel o i Concerti grossi per la notte di Natale di Corelli e Vivaldi usciranno nel periodo dell’Avvento. E ascolteremo due Te Deum diversissimi tra loro, di Giuseppe Verdi e di Anton Bruckner, nelle settimane subito prima e subito dopo la notte di San Silvestro.
Usciranno poi alcune Messe «ordinarie» (nel senso liturgico del termine, ché dal punto di vista artistico sono eccelse) e la toccante Cantata bachiana Ich habe genug (in edicola la stessa settimana in cui si ricorda la ricorrenza per cui fu scritta, quella della «Presentazione di Gesù»), finché gli Stabat Mater di Pergolesi e Rossini, i Requiem di Verdi e Mozart o una pagina poco nota ma interessantissima come la Via crucis di Liszt non accompagneranno le settimane quaresimali.
Dopo il Magnificat e il Dixit Dominus ancora di Bach e Händel a Pasqua, la serie si concluderà con due capolavori assoluti, del tutto estranei al contesto liturgico: le monumentali Missa solemnis di Beethoven e Messa in si minore di Bach.
Questa concordanza tra le composizioni e le festività per le quali furono scritte non significa che la musica di questa rassegna debba necessariamente vantare un carattere devozionale. Né si può dire che queste meraviglie musicali siano sempre il frutto di un atto di fede: lo sono, talora, ma non nella maggior parte dei casi.
Che sia stata composta su commissione o per scelta, questa musica (sacra in quanto contiene una porzione pur minima di testo liturgico) è semmai il frutto squisitamente laico della necessità di ogni essere umano, e dunque anche di ogni artista, di misurarsi prima o poi con il mistero dell’esistenza e dell’origine delle cose, si chiami ciò Dio o in altro modo.
Se musicisti come Bach e Bruckner, o il convertito Liszt, furono saldi nella loro fede, lo stesso non può dirsi per giganti come Beethoven, Verdi o Rossini, i quali si rivolgono alla divinità come rimarcando l’incommensurabile distanza che separa l’uomo da Dio, in ciò dimostrando tuttavia la pienezza della loro umanità (e Mozart? Be’, qui il discorso cambia: la sua musica è divina anche quando parla di spilli e garofani).
Perciò, a sottolineare la «laicità» di questo viaggio nella musica sacra, il sipario della rassegna si apre con la stupefacente Petite messe solennelle di Rossini, che il laicissimo autore dedicò, quasi scusandosene, «al buon Dio».
Per gli autori da Mozart in poi si sono preferiti alcuni tra gli interpreti più autorevoli tra quelli che dirigono orchestre moderne.
Oltre ad Antonio Pappano, che apre la rassegna con Rossini e che si ascolterà anche nei Quattro Pezzi Sacri di Verdi, vi sono l’Abbado della Messa da Requiem di Verdi, il Muti che interpreta lo Stabat Mater di Rossini, il Requiem e l’Ave Verum di Mozart, mentre il meditativo Requiem tedesco di Brahms è diretto da Sir Simon Rattle e l’Ottocento tedesco di Beethoven e Bruckner è affidato a Daniel Barenboim.
Per gli autori dell’epoca barocca si sono invece selezionati i più influenti tra gli interpreti che seguono la prassi esecutiva filologica con strumenti storici.
Tra questi non può mancare il recentemente scomparso Nikolaus Harnoncourt (1929 – 2016), con alcune tra le più belle Cantate bachiane e il suo esemplare Oratorio di Natale. Oltre al defunto direttore austriaco, vi sono altri capofila di tale orientamento come Christie e Philippe Herreweghe e i più giovani Biondi per Corelli e Vivaldi e Haïm per Händel. Al già leggendario Tom Koopman è affidata infine la pagina forse più rappresentativa di tutte, la Passione secondo Matteo di Bach, uno dei vertici della civiltà occidentale.
I titoli Il repertorio si apre con la «Petite messe solennelle» e prosegue con il «Messiah»