Pappano: «Sul podio contemplo l’enormità del creato»
«Se si parla di musica sacra, il primo autore che mi viene in mente è Verdi. Sappiamo che ebbe un rapporto critico, conflittuale con la religione e la chiesa. E la sua Messa da Requiem lascia intuire che era cresciuto con l’idea della paura di un Dio che punisce. Ma allo stesso tempo si sente la grandezza commovente di uno sguardo compassionevole sull’uomo. E pur da non credente, Verdi testimonia una spiritualità senza confini. Ci fa immaginare un dopo dove c’è qualcosa di potente che ci abbraccia»: è Antonio Pappano che parla, il direttore che apre la collana di Musica Sacra con la Petite messe solennelle di Rossini e che ritroveremo appunto nei Pezzi sacri di Verdi. «Di Bach, che eseguo ogni anno — aggiunge —, mi colpisce invece la spiritualità fatta di quieta serenità e di pacata umiltà. In queste caratteristiche c’è tutta la sua maestosa grandezza».
E che dire della modernissima Petite messe solennelle di Rossini? «Per prima cosa che mi fa sorridere l’aggettivo “petite”, che sappiamo essere relativo al piccolo, intimo organico della versione primitiva. Ma nella versione orchestrale c’è l’ambizione di ricreare l’architettura delle cattedrali. Nella Messe solennelle agiscono diversi registri stilistici — pensiamo per esempio al ritmo modernamente pulsante del Kyrie o al pathos commovente dell’Agnus Dei — che portano Rossini al di fuori del suo stesso stile. Diventa visionario. La solennità non è nei toni, che possono appunto essere di vario tipo, ma nell’ampiezza stessa di una struttura pensata in grande, monumentale».
E che rapporto ha l’uomo Pappano con il sacro? «Sono cresciuto cattolico, ho fatto il chierichetto e ho suonato l’organo in chiesa. Non sono praticante da tanto tempo, ma il lavoro mi dà il privilegio di “celebrare” la spiritualità e di contemplare l’enormità del creato, pur con tutte le sue contraddizioni. In questo senso non sento alcuna differenza dentro di me tra l’uomo e il direttore d’orchestra».