L’ultimo inchino Ferrari alla Mercedes Vettel, il podio per un futuro Mondiale
Doppietta Bottas-Hamilton nell’ultimo Gp, ma Seb difende il 2° posto iridato
Riposta la velleità di lottare con le Mercedes per la vittoria dopo aver scoperto — parole sue — di «essermi disconnesso dalla gara dopo pochi giri della prima frazione», Sebastian Vettel si riposiziona su due obiettivi di rincalzo, eppure di valore: il terzo posto nel Gp di Abu Dhabi e il secondo nel Mondiale. C’è perfino una soddisfazione aggiuntiva: il ritiro di Daniel Ricciardo ha permesso a Kimi Raikkonen di farsi sospingere dal numero quattro, piazzamento finale di Iceman sia nel deserto sia nel campionato.
La maledizione di Abu Dhabi, insomma, è confermata (qui il Cavallino non ha mai vinto), ma la sorte non è stata grama come in quel dannato 2010, l’anno del titolo perso con Alonso. E poi, qualcuno ha fatto caso che Vettel ha camminato per 55 giri sull’orlo del burrone? Con Bottas al comando e risoluto a rimontare i 22 punti di scarto, un errore o un cedimento della SF70H avrebbero negato perfino il premio di consolazione. Le luci artificiali di Yas Marina illuminano il terzo centro nella carriera di Valtteri Bottas — una gioia sportiva per la Finlandia, che il 6 dicembre festeggerà i 100 anni di esistenza — e la grande caccia di Lewis Hamilton, conclusasi con la resa a una manciata di tornate dal termine dopo una lotta ad elastico, tra allunghi e riavvicinamenti.
Un giogo tremendo, quello della Mercedes e della sua quarta doppietta nell’annata. Il bottino della Ferrari, infatti, va pesato al cambio di uno scarto da 19 secondi (Vettel) e da 45 (Raikkonen). Alla faccia del promettente passo gara, anche se pare che sia subentrato un problema di consumi: Seb e Kimi in certi momenti dovevano alzare il piede. Però questo è anche l’ultimo messaggio della Mercedes e di una seconda parte di stagione che Hamilton non ha difficoltà a definire «il punto di svolta del mio campionato». Invece lì sta la zona d’ombra del Cavallino. La campagna d’Oriente andata male, le defaillance tecniche, l’ultimo step di sviluppo del motore non andato bene: c’è tutto questo nella sconfitta.
Vettel la ammette, sia sul piano della battaglia con Hamilton («Odio doverlo dire, ma è stato il migliore») sia sul fronte del braccio di ferro con una macchina che al momento giusto ha sfoderato altissima qualità. Di nuovo Sebastian: «In generale, non siamo stati veloci come la Mercedes. E il nostro “pacchetto” non era sufficiente a batterla». Gli abbiamo chiesto di immaginare che cosa sarebbe accaduto se a Singapore non ci fosse stato il disastro in partenza e avesse trionfato lui, come da pronostico. Seb si è trastullato per qualche secondo nell’aprire questa porta scorrevole, tentato forse di dire che sì, a quel punto il Mondiale se lo sarebbe giocato fino in fondo e forse l’avrebbe pure vinto perché «abbiamo avuto le nostre chance e le abbiamo usate». Ma poi la porta l’ha richiusa, con una riflessione onesta («Abbiamo perso dove avremmo potuto vincere, ma abbiamo vinto in Bahrein e in Ungheria, dove siamo stati a un soffio dal k.o. meccanico») e con un’ammissione. «La Mercedes è stata più consistente». C’è un inverno davanti per provare a raggiungerla: «Nel 2018 voglio vincere».
Vettel Mi brucia dirlo: Lewis è stato il migliore
Hamilton Quest’anno ho guidato in modo speciale
Rimpianti La Rossa si è smarrita dopo la pausa estiva fra occasioni perse, errori e k.o. tecnici