Leo, l’amico e l’ultima lite
Delitto di Modena: arrestati tre minorenni, altri due sono ricercati Il giovane cinese non voleva la fine della storia con un connazionale
«Se mi lasci rivelo la tua omosessualità». Una minaccia che sabato gli è costata la vita. Congliang Hu, ventenne cinese che tutti chiamavano Leo, è stato soffocato nella sua cameretta. Ammazzato da cinque ragazzi, minorenni e connazionali, uno dei quali nei giorni scorsi gli aveva detto di voler troncare la loro relazione. Tre sono stati arrestati, due sono ricercati. Dopo averlo ucciso, hanno infilato il cadavere in un trolley, raggomitolandolo in qualche modo, per trasportarlo fuori allo scopo di farlo scomparire. Ma nello spostamento della valigia il manico si è rotto e il gruppo ha cambiato piano. Lo scomodo bagaglio è stato mollato accanto al letto, nella camera.
Dopo aver rubato un telefonino e una consolle Nintendo, i ragazzi, così come erano entrati, sono usciti alla spicciolata. Salutando come se nulla fosse il compagno della mamma di Leo, l’avvocato Andrea Giberti, giudice onorario a Bologna che in quel momento era nel suo studio al sesto piano di una palazzina in piazza Dante Alighieri, sopra la stazione di Modena.
Quel che poi hanno ricostruito gli investigatori della Squadra mobile diretta da Marcello Castello è un delitto dove spicca soprattutto la reticenza dei genitori dei minori accusati di omicidio volontario in concorso. Ma potrebbe scattare la premeditazione se fosse dimostrato che il gruppo è partito da Prato, dove risiedevano, con l’intenzione di uccidere. Il padre di Leo, pur in Italia da svariati anni, non ha permesso di soggiorno. È titolare di un’azienda che produce borsette intestata però a un’altra persona. Interrogato, ha raccontato che da tempo non aveva rapporti con il figlio e con l’ex moglie e agli agenti è parso più preoccupato della possibilità di essere rimpatriato che non dell’omicidio. Non troppo diverse le risposte degli altri genitori, tutti operai del tessile: degli spostamenti dei ragazzi — nessuno di loro ha un impiego o studia, un paio frequentano una scuola d’italiano — non sapevano nulla, pensavano stessero a Prato.
Nemmeno la madre di Leo, che lavora in un centro massaggi a Parma, è stata di aiuto. Risposte a monosillabi. Anche se gli occhi erano ancora rossi per il pianto. È stata lei a scoprire il cadavere del figlio — cameriere, magro e muscoloso, sempre sorridente nel profilo Facebook in cui si faceva chiamare Meng Yu Hu — occultato in quel trolley. Anche
Le indagini I cinque vengono da Prato: figli di immigrati, sono stati trovati grazie a telecamere e cellulari
la donna era in casa al momento dell’omicidio. Piuttosto preoccupato, ad avvertirla che Leo era sparito era stato l’avvocato, con cui è legata da qualche anno. Lo hanno cercato ovunque, poi hanno notato la valigia. L’hanno aperta e la donna ha cominciato a gridare. Dopo aver tentato di rianimare Leo, l’avvocato ha chiamato il 113. Le indagini — coordinate da Filippo Santarelli e Lucia Musti, questore e procuratore di Modena — sono state rapidissime: i 5 erano stati visti da diversi inquilini dello stabile pieno di telecamere perché ospita numerosi studi professionali. I riconoscimenti sono stati immediati, le «celle» dei telefonini hanno fatto il resto, accelerandone la localizzazione. Due sono stati rintracciati a Prato, un altro in un internet point a Modena. Per gli altri sarebbe questione di ore. Leo aveva sul cellulare immagini hard con il suo ex compagno. «Se mi lasci le mostro a tutti». L’hanno ucciso.