Airbnb, i rilievi dell’Antitrust sulla cedolare secca al 21%
Il Garante della concorrenza prende posizione contro la cosiddetta tassa Airbnb. Nel mirino dell’Antitrust finisce la cedolare secca al 21% sugli affitti brevi, in particolare l’obbligo per gli intermediari (portali online e agenzie tradizionali attive nel business degli affitti turistici) sia della raccolta delle tasse dovute dai proprietari di casa, sia della trasmissione dei relativi dati all’Agenzia delle Entrate. Una segnalazione dell’Autorità che vigila sulla concorrenza spiega che la tassa Airbnb «appare potenzialmente idonea ad alterare le dinamiche concorrenziali tra i diversi operatori, con possibili ricadute negative sui consumatori finali dei servizi di locazione breve, ossia sui conduttori». Al Garante non sfugge che l’obbligo (introdotto nella manovra bis di aprile) «mira a realizzare un interesse di natura fiscale e a contrastare l’evasione». Ma il giro di vite dovrebbe, secondo l’Antitrust, essere perseguito ricorrendo a «strumenti che non diano al contempo luogo a possibili distorsioni concorrenziali nell’ambito interessato». A corredo della segnalazione l’Antitrust argomenta che la norma rappresenta «un unicum nell’ambito del panorama europeo» e che si tratta di «obblighi non proporzionati» che colpiscono gli intermediari che fanno «maggiore ricorso ai sistemi di pagamento digitali», come Airbnb. Non a caso, proprio Airbnb ha contestato la norma, ricorrendo al Tar. Vale aggiungere che il Garante ha bocciato anche le norme sull’equo compenso per tutte le professioni contenute nel dl fiscale.