FAR LAVORARE I MIGRANTI UN MODO GIUSTO PER AIUTARLI
Caro Aldo,
alle porte di supermercati, bar, chiese, ragazzi — prevalentemente clandestini — chiedono qualcosa di più di qualche spicciolo. Esistono modalità legalmente percorribili per dare loro un lavoro per quanto precario? Purtroppo credo che la mia domanda abbia già una ovvia risposta («clandestini»), ma il problema è davanti ai nostri occhi ogni giorno...
Caro Marco,
Quest’estate il sindaco Sala disse al Corriere che i milanesi non ce l’hanno con i migranti; si arrabbiano però quando li vedono bighellonare senza far niente. Forse il sindaco è un po’ troppo ottimista: l’esasperazione è tanta, e anche le lettere al Corriere spesso la testimoniano. Io però penso che Sala abbia ragione: meglio farli lavorare, in attesa di stabilire chi ha diritto a restare e chi no.
Bisogna cambiare le regole? Che si cambino. Nell’autunno di due anni fa mi fu affidata un’inchiesta sull’Italia della paura. Ovunque, da Gorizia alla Sicilia, passando per il parco di Padova conteso tra i bambini e gli ospiti del vicino centro d’accoglienza e il paesino del Po dove il parroco accoglieva gli stranieri e il sindaco leghista li voleva cacciare, ho trovato migranti che chiedevano soprattutto di lavorare. Sono convinto che la maggioranza di loro si renderebbe volentieri utile. Ovviamente non devono sostituirsi a lavoratori italiani, ma fare cose che oggi non fa nessuno (o che non si fanno abbastanza). Pulire le strade e i boschi. Collaborare in varie forme alla tutela e decoro del paesaggio e del territorio. Contribuire all’assistenza di anziani e disabili. Le occupazioni non mancano. Per fortuna l’Italia può contare su una fitta rete di associazioni laiche e cattoliche, su un ricco sistema non profit che coinvolge circa tre milioni di persone. Molte di loro sono già impegnate nell’accoglienza e nell’integrazione; che però non possono essere basate soltanto sull’assistenza. Lavorare è più dignitoso che essere mantenuti. Aiuta i migranti a sentirsi meglio, e migliora il loro rapporto con gli italiani. Non è una strada facile, ma è l’unica percorribile. Non esclude la necessità di bloccare gli scafisti e fermare il traffico illegale di essere umani. Ma mettere al lavoro quelli che sono già arrivati mi pare una scelta di buon senso e di umanità.