Corriere della Sera

Può l’ultimo missile favorire i negoziati?

- di Giuseppe Sarcina

Per qualche ora, a Washington, si è temuto che Trump potesse ordinare un attacco improvviso contro la Corea del Nord. Specie dopo averlo visto annuire in tv, mentre il segretario alla Difesa, James Mattis diceva: «È una minaccia per tutto il mondo». Così non è stato. Il presidente è partito come da programma per un comizio-show sulle tasse in Missouri. Diversi commentato­ri, ad esempio sul New York Times, hanno allora ripreso la sensazione che è rimbalzata dalla Cina: il missile lanciato da Kim Jong-un in realtà allontana la prospettiv­a della guerra. È un’idea che sembra paradossal­e. Il ragionamen­to è questo: i nordcorean­i hanno dimostrato di poter colpire praticamen­te l’intero territorio americano. La loro posizione negoziale si è rafforzata: ora sono pronti, o quasi, per una trattativa «alla pari». È uno scenario possibile. Così come i più pessimisti, come il senatore repubblica­no Lindsay Graham, hanno molti argomenti per ipotizzare «l’inevitabil­ità» del conflitto. L’incognita principale è Trump. Nel discorso all’Assemblea dell’Onu, il 19 settembre scorso, il presidente minacciò di «distrugger­e totalmente» la Corea del Nord. Ma in queste ore ha mantenuto un atteggiame­nto moderato, per i suoi standard. Gli Usa si stanno muovendo sul piano politico-diplomatic­o. Trump insiste nel dialogo con Xi Jinping. Il leader cinese da sempre lo sollecita ad aprire un negoziato diretto con Kim. Se hanno ragione gli ottimisti, ora ci sarebbero le condizioni per provare.

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