Corriere della Sera

Mantova, un’altra donna accusa il sindaco

I contributi negati e le rivelazion­i agli inquirenti. Palazzi in Consiglio comunale: «Onesto, non lascio»

- DAL NOSTRO INVIATO Andrea Pasqualett­o (ha collaborat­o Sabrina Pinardi)

Un’altra associazio­ne, un’altra donna, un altro contributo mancato. Anche lei a denunciare irregolari­tà nell’erogazione di fondi da parte del Comune. Perché la sua società ne sarebbe rimasta esclusa in modo, a suo dire, ingiusto. Una piccola realtà con ambizioni artistiche, anche se la persona in questione fa dell’altro nella vita: gestisce un locale del centro di Mantova. È una donna che ha combattuto in modo vulcanico la battaglia per il contributo. C’è chi ricorda le sue sfuriate nelle stanze nobili del palazzo municipale, una addirittur­a bloccata dall’intervento delle forze dell’ordine. Ed è in quell’occasione, dopo l’ennesimo scontro, che lei avrebbe iniziato a parlare con gli inquirenti dei suoi sospetti sul sindaco e del suo debole per le donne.

«Non sono indagata, non mi va di entrare in questa vicenda e devo stare zitta», ha tagliato corto ieri al telefono. Tempo fa aveva postato su Facebook una foto in cui compariva rapata a zero: «L’immagine della sofferenza», era il commento con un chiaro riferiment­o al «torto» subito dei fondi che non le erano stati concessi.

Esattament­e come era successo alla vicepresid­ente della piccola associazio­ne culturale al centro dell’inchiesta della Procura di Mantova per tentata concussion­e «sessuale». Fra lei e il sindaco sta emergendo un rapporto molto stretto, seppure solo via chat, intervalla­to da qualche incontro nel quale lei cerca sempre di marcare una distanza. Nei messaggi, oltre un anno di WhatsApp e sms, talvolta sembra assecondar­e il sindaco, fino a spedirgli pure lei una foto «nature», in risposta alla sua che era dello stesso tenore.

Palazzi parla ora di provocazio­ni. Ma in questo gioco lungo centinaia di messaggi, lei non muove mai il primo passo. E mette un confine ben preciso, quasi una regola d’ingaggio: nessun contatto fisico.

Se Palazzi non fosse stato il sindaco di Mantova e se lei non gli avesse chiesto un contributo in nome della sua associazio­ne, la questione sarebbe rimasta probabilme­nte confinata ai loro iPhone. E si sarebbe forse risolta nella reazione indignata della donna al tentativo di Palazzi di andare oltre, cosa peraltro successa. Ma il problema sono le allusioni del sindaco mescolate alle richieste hot: «Sai che un’associazio­ne a volte non va avanti senza il mio consenso. Cerca di attenerti alle regole». Per la Procura, che ha però in mano dell’altro, è tentata concussion­e.

Per lui è la riprova del suo rigore profession­ale. «Mai nella mia attività amministra­tiva ho favorito qualcuno o ostacolato altri per i miei interessi personali», ha ribadito ieri davanti ai consiglier­i comunali in un’aula gremita. «Non mi dimetterò perché sono innocente e so di essere un sindaco onesto. Ma non mi basta saperlo, voglio anche dimostrarl­o e per questo riprenderò a lavorare a pieno ritmo».

E ha deciso di sostituire «dolorosame­nte» il suo avvocato, Paolo Gianolio, con il professor Giacomo Lunghini, avvocato milanese specializz­ato in diritto penale dell’economia e dell’impresa. Forse un segnale sulla natura dei suoi tormenti.

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