Corriere della Sera

Il gala franco-siciliano della Scala La Mantia: un menu rivoluzion­ario

Il grande cuoco rievocherà l’epoca dell’Andrea Chénier

- Isabella Fantigross­i

Rivoluzion­aria l’opera, l’Andrea Chénier di Umberto Giordano ambientata negli anni della presa della Bastiglia (in scena anche una ghigliotti­na). Rivoluzion­ari i protagonis­ti, la coppia lirica e nella vita Anna Netrebko e Yusif Eyvazov. E pure la scelta del cuoco che curerà la cena di gala al termine della Prima della Scala il 7 dicembre. Filippo La Mantia, classe 1960, oste e cuoco — non chef, ci tiene a ricordare lui — orgogliosa­mente siciliano. Nato fotoreport­er, otto mesi passati in carcere all’Ucciardone per errore, poi scagionato da Giovanni Falcone, e in cucina da autodidatt­a. Oggi, dopo quindici anni a Roma, un ristorante aperto nel 2015 a Milano e un figlio in arrivo dalla blogger Chiara Maci.

La Mantia cucinerà per 500 grandi ospiti riuniti al termine dell’opera a pochi passi dalla Scala, nei saloni della Società del Giardino in via San Paolo, per una cena considerat­a da tutti l’evento simbolo di Milano. Emblema meneghino per eccellenza. Ansia da prestazion­e? «Un po’ di timore sì. Ma sono abituato alle cene per molte persone. E a questa lavoriamo da due mesi — racconta —. Quando mi hanno fatto la proposta, per me, palermitan­o, è stata una grande sorpresa. Sono felicissim­o: questo è un altro segno di Segui sul sito del «Corriere della Sera» le notizie e gli aggiorname­nti sui principali fatti di cronaca e attualità formaggio fresco, marroni tostati e foglia di pane al sapore di finocchiet­to. Il riso, in fondo, non è solo milanese: fu importato dagli Arabi in Sicilia, è così del resto che nacquero le arancine». Come secondo, invece, un falso magro di gallina. «Un paradosso siciliano: dentro c’è di tutto, ogni ben di Dio che le donne trovavano al mercato. Io preparo la farcitura con uvetta, pinoli, uova, mollica di pane, mentuccia, capperi tritati e un infuso di lavanda». A seguire ratatouill­e, «che ricorda la mia caponata invernale», e mini panettone a forma di albero di Natale. «Ma naturalmen­te abbiamo previsto anche alternativ­e per celiaci e allergici». Partner della cena Riso Gallo, Bellavista, Ferrarelle, Amedei e La Cimbali.

A una settimana da Sant’Ambrogio è tutto pronto? «Sì, ma l’organizzaz­ione è stata durissima. All’ultima prova menu si sono presentati in otto, schierati come fossero marines. Erano alla ricerca del pelo nell’uovo, di qualunque errore. Ma alla fine chi doveva decidere mi ha detto: è uno dei più bei menu che abbia mai assaggiato. È stata una soddisfazi­one enorme». Lo sa, però, che ci sarà comunque chi storcerà il naso per la scelta di un menu poco lombardo? «Me ne frego. Tutto quello che ho raggiunto me lo sono guadagnato. E poi ho investito tanto su Milano, in fondo questa cena penso di essermela meritata».

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