NIENTE TASSA SUL TABACCO PER AIUTARE L’ONCOLOGIA: UN’OCCASIONE PERSA
La «tassa sul tabacco» per finanziare il fondo per i farmaci innovativi oncologici e le cure palliative, che era stata approvata all’unanimità con un emendamento della commissione Sanità del Senato, è stata ritirata. Il gettito previsto avrebbe dovuto coprire i 500 milioni del Fondo per le cure oncologiche, liberando così queste risorse, o almeno parte di esse, per altre necessità del Servizio sanitario nazionale. Ufficialmente l’emendamento è stato ritirato dopo un parere del governo che sottolineava come non avrebbe realizzato l’incremento di gettito stimato. Può essere. Forse la debolezza dell’iniziativa consisteva nel non aver quantificato esattamente di quanto sarebbe stato necessario aumentare le accise. Detto questo rimane amaro constatare come non sia andata a buon fine un’iniziativa che non avrebbe potuto in ogni caso essere derubricata a banale gabella moralista, punitiva per i fumatori. L’aumento del prezzo delle sigarette è stato più volte richiesto dall’Organizzazione mondiale di Sanità, che ha da poco ricordato come aumentare il costo del tabacco sia una misura efficace per far risparmiare agli Stati «miliardi di dollari e salvare milioni di vite». L’Italia è uno dei Paesi industrializzati dove il fumo viene tassato meno, ed è un errore perché è stato dimostrato che aumentandone il prezzo il consumo si riduce e con esso non solo il cancro al polmone ma anche quelli del pancreas , del colon, della vescica e i tumori testa-collo. Per non parlare dei danni da fumo passivo, specie per la salute dei bambini. Un prelievo sul costo di un pacchetto di sigarette oltre a rappresentare un disincentivo diretto al loro consumo e a contribuire a coprire i costi sempre più alti dei farmaci contro i tumori, sarebbe stato un segnale importante di continuità per il nostro Paese, che con la legge Sirchia si è posto all’avanguardia nel mondo in merito al fumo nei locali pubblici. Peccato: un’occasione persa. Speriamo ci sia ancora modo per rimediare.