Da Napoli a Milano il Caravaggio dopo Caravaggio
Un simbolo praticamente perfetto di Caravaggio e della sua lezione. Questo è il Martirio di Sant’Orsola, ultima sua opera conosciuta, datata 1610: lo stesso anno della morte. Una lezione, quella di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio (1571-1610), che fino al 1640 si ritrova fortissima in tutti luoghi dove l’artista aveva soggiornato (Roma, Napoli, l’Italia meridionale). A quest’influenza è dedicata la mostra L’ultimo Caravaggio. Eredi e nuovi maestri, che si apre oggi a Milano alle Gallerie d’Italia (fino all’8 aprile), realizzata da Intesa Sanpaolo in partnership con i Musei di Strada Nuova di Genova e in collaborazione con l’Università degli Studi, curata da Alessandro Morandotti. E dove il Martirio, abitualmente conservato a Palazzo Zevallos Stigliano di Napoli (nella Collezione Intesa Sanpaolo) arriva direttamente da un’altra della mostre evento di quest’anno, Dentro Caravaggio, sempre a Milano, ma a Palazzo Reale, che l’aveva finora «ospitata». Sono oltre 50 le opere esposte alle Gallerie d’Italia firmate da seguaci di Caravaggio (Battistello Caracciolo, Ribera) e da nuovi maestri (Rubens, Van Dyck, Procaccini e Strozzi). «Con questa mostra — ha spiegato Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa Sanpaolo — percorriamo un viaggio attraverso la pittura del primo Seicento, viaggio fatto di contrapposizioni, di contaminazioni e di rispecchiamenti con altri grandi protagonisti di quel periodo, affrontando il tema della sfortuna e della fortuna di un artista, partendo dall’ultimo dipinto».
Quadro dalla storia complessa (il volto che sporge alle spalle della santa è un autoritratto di Caravaggio, la mano che cerca di fermare la freccia che uccide è stata una scoperta post restauro), il Martirio viene qui a confronto con un dipinto di analogo soggetto di Bernardo Strozzi (uno dei nuovi maestri), realizzato a Genova tra il 1615 e il 1618. Un percorso, quello delle Gallerie d’Italia, che si caratterizza anche per la presenza dell’Ultima Cena di Giulio Cesare Procaccini (1574–1625), tela di 40 metri quadrati eseguita per la chiesa della Santissima Annunziata del Vastato di Genova. Che dopo un lungo e articolato lavoro di restauro presso il Centro Conservazione e Restauro «La Venaria Reale», restituisce al pittore bolognese il ruolo di nuovo maestro.