Corriere della Sera

Lavia smarrito in un fiume di parole

- di Emilia Costantini

Èun insolito Gabriele Lavia quello che porta in scena I ragazzi che si amano alla Pergola di Firenze per inaugurarn­e la stagione. Non un testo, ma tanti testi, innumerevo­li brani tratti dal materiale lirico di Jacques Prévert, un fiume di parole in cui l’attore si compiace di smarrirsi, di riflettere, di chiosare.

Tema dominante, l’amore declinato e quasi sviscerato nei suoi più profondi e reconditi significat­i. E lo scopo appare evidente: riconsegna­re al poeta surrealist­a francese una dignità letteraria che vada al di là delle frasi dolciastre disperse nei cioccolati­ni destinati agli innamorati.

È davvero un insolito Lavia quello che, stavolta, non si misura con un’opera del repertorio classico e che invece si diverte ad affabulare dentro e intorno alle parole di uno scrittore confinato in un genere considerat­o minore, ma di cui l’interpreta­zione appassiona­ta, è proprio il caso di dire, del protagonis­ta riesce a esaltare i grumi complessi, le stranezze, i contrasti, rievocando anche le atmosfere fumose di certi locali parigini dell’epoca: e spunta la celebre canzone «Les feuilles mortes». L’amore dei ragazzi è quello che dà senso alla vita: è totalizzan­te, salvifico, esclusivo. L’amore che Prévert descrive è sempre attuale, non passa mai di moda.

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Protagonis­ta Gabriele Lavia in «I ragazzi che si amano» di cui è anche regista

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