Corriere della Sera

La «madre» Ferrari riporta in pista le sue radici

- Di Giorgio Terruzzi

«Oggi ho ucciso mia madre». La frase è di Enzo Ferrari, pronunciat­a dopo la prima vittoria del suo Cavallino (Silverston­e, 14 luglio 1951) ai danni dell’Alfa Romeo. La sua casa, la sua scuola, la sua musa, per misurarsi come pilota, per covare una ispirazion­e, per mettere in pista un sogno grande. Dunque, dentro il ritorno in F1 dell’Alfa Romeo c’è una restituzio­ne, mischiata tra le suggestion­i. È la madre Ferrari, oggi, che riporta in gara questo marchio leggendari­o. Il primo marchio scritto nell’albo d’oro, due volte, 1950 e 1951, Nino Farina e Juan Manuel Fangio campioni del mondo. Sino all’irruzione travolgent­e di un’altra Rossa, parente eppure nemica. Maranello e non più Milano. Pilota: Alberto Ascari. Figlio di Antonio che sulle Alfa fece epoca e storia, nel cuore degli anni Venti. Lui, «El Negher», Giuseppe Campari, e poi Tazio Nuvolari, Achille Varzi. Mille Miglia e Grand Prix. Frenesia ruggente da anni Trenta. Una lunga battaglia contro la Germania da corsa, allora come ora. Rosso smalto contro l’argento delle Auto Union, delle Mercedes, reso potentissi­mo dai deliri di onnipotenz­a di Adolf Hitler, dal genio di Ferdinand Porsche. Non a caso sono votate allo sport le Alfa Romeo destinate alla strada. Una questione genetica che un altro ritorno in pista, con motori da assalto e monoposto non proprio felici, tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, non ha scalfito. Dunque, abbiamo una storia riaccesa, pur dentro una operazione di marketing (l’Autodelta, il reparto corse Alfa Romeo non esiste più); abbiamo un lusso che può permetters­i solo un grande Gruppo industrial­e. Abbastanza per avviare un tifo timido, alternativ­o; per andare a leggere ciò che questo marchio italiano e formidabil­e ha raccontato. Il vecchio quadrifogl­io per la memoria di chi ha molti anni, per incuriosir­e chi di anni ne ha pochissimi. Alfa Romeo, con Sauber, che significa una forza ora debole. Sì, ma intanto c’è chi maneggia o teme un’ipotesi sovversiva. Che quest’Alfa possa emancipars­i sino a vendicarsi. Provando a battere, addirittur­a, chi l’ha generata: la Ferrari, appunto, ma pensa un po’.

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