Gerry Scotti esalta l’umanità dei concorrenti di «The Wall»
L’abitudine, che non a torto alcuni chiamano seconda natura… Non siamo certo noi a scoprire che la tv generalista si fonda sull’abitudine. Lo spettatore ama costruirsi al più presto una certa provvista di abitudini, di volti quasi parentali, di innocenti ritualità.
Il gioco preserale, per esempio, è un modo per porre uno stacco tra il lavoro e la cena, come infilarsi le pantofole e cercare di «addormentare» il tempo. È domesticità, e Gerry Scotti è il più pacioso dei conduttori abitudinari.
Canale 5 sta proponendo «The Wall», un game show d’importazione (Nbc) che più semplice non si può: una o più sfere colorate vengono giù da una parete costellata di chiodi e finiscono, a caso, in una buca a cui corrisponde un montepremi. In ogni puntata gioca una coppia legata da un vincolo familiare. Basta un po’ di affiatamento, un po’ di cultura generale e un po’ di voglia di rischiare. Quanto basta.
La tv generalista è abitudine, anche se cambiano le carte in tavola, come ha sempre insegnato Mike Bongiorno. Solo così si spiega la longevità di molti conduttori: diventano parte del paesaggio televisivo, a metà tra il vicino di casa simpatico e l’ospite.
«The Wall» (un muro di 12 metri), come molti game show, è basato sostanzialmente sulla fortuna: il meccanismo ricorda certe sfide da luna park (i chiodi erano chiodi veri) o il Plinko, una delle classiche prove di «Ok, il prezzo è giusto!». Le domande sono a scelta multipla, quindi ogni concorrente ha il 25% di probabilità di rispondere in maniera corretta. Il grande sforzo del conduttore sta nel narrativizzare la gara, nel descrivere il «lato umano» dei concorrenti (l’altra sera una coppia di Palermo ha parlato serenamente dei disturbi autistici del figlioletto), nell’essere insieme conduttore e testimonial di qualche prodotto. L’abitudine è un pretesto per non cambiare canale.