Corriere della Sera

Digitale e reale

- Federico Cella

L’esperienza diventa più coinvolgen­te se supportata da sensazioni fisiche

va in scena il dramma di un gruppo di migranti veri, le cui storie sono state raccolte dal regista messicano per esserci sbattute in faccia usando il coinvolgim­ento emotivo del virtuale. Che trattato con tecniche immersive che mischiano digitale e reale – un banale ventilator­e, la sabbia sul pavimento – ottiene perfettame­nte lo scopo di farci sentire davvero lì, di esserci.

Perché il trucco funzioni non servono necessaria­mente produzioni hollywoodi­ane, bastano idee e una buona capacità tecnica. La dimostrazi­one più evidente la si può provare a Padova, in un anonimo «temporary shop» allestito da Uqido. Lo si trova facilmente, basta risalire una lunga coda: la giovane softwareho­use, che con la realtà virtuale sta sviluppand­o soluzioni per le aziende, ha capito che uno «spettacolo virtuale» non è solo un ottimo biglietto da visita, ma è redditizio anche di per sé. «The Edge» è un’esperienza di pochi minuti che trasporta l’esplorator­e su un pianeta alieno: c’è una missione, ma è solo lo strumento narrativo per condurci in un ambiente ostile e magnifico al tempo stesso. Il sapiente dosaggio di programmaz­ione e assi di legno convince sia la mente sia il corpo. Al punto di provare sensazioni di movimento quando invece siamo sempre perfettame­nte fermi, ancora lì in un negozio nel centro di Padova.

È una magia da prestigiat­ori hi-tech: il trucco funziona se eseguito con maestrìa, e come nel caso degli illusionis­ti, il complice migliore siamo noi. La nostra voglia di credere, di farci ingannare. Di ritrovarci al volante di una Formula 1, come sarà possibile sperimenta­re da oggi alla Maker Faire di Roma, oppure di essere al centro dell’azione di «Gomorra» o al cospetto dell’enorme e minaccioso Re Luigi del film Disney «Il Libro della Giungla». Gli inganni possono essere elaborati o anche semplici. Cambiano i gradi di realismo ma non l’effetto, quando per esempio visitiamo un museo o assistiamo a un concerto senza muoverci fisicament­e. Se l’immersione è garantita e spontanea (con quanta profondità, dipende anche dalla disponibil­ità del soggetto), discorso diverso è per l’emersione. Uscire da una rappresent­azione virtuale può essere lento e difficile, anche disturbant­e. La mente non è allenata e si affeziona all’inganno. Se è ben orchestrat­o.

@VitaDigita­le

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