Digitale e reale
L’esperienza diventa più coinvolgente se supportata da sensazioni fisiche
va in scena il dramma di un gruppo di migranti veri, le cui storie sono state raccolte dal regista messicano per esserci sbattute in faccia usando il coinvolgimento emotivo del virtuale. Che trattato con tecniche immersive che mischiano digitale e reale – un banale ventilatore, la sabbia sul pavimento – ottiene perfettamente lo scopo di farci sentire davvero lì, di esserci.
Perché il trucco funzioni non servono necessariamente produzioni hollywoodiane, bastano idee e una buona capacità tecnica. La dimostrazione più evidente la si può provare a Padova, in un anonimo «temporary shop» allestito da Uqido. Lo si trova facilmente, basta risalire una lunga coda: la giovane softwarehouse, che con la realtà virtuale sta sviluppando soluzioni per le aziende, ha capito che uno «spettacolo virtuale» non è solo un ottimo biglietto da visita, ma è redditizio anche di per sé. «The Edge» è un’esperienza di pochi minuti che trasporta l’esploratore su un pianeta alieno: c’è una missione, ma è solo lo strumento narrativo per condurci in un ambiente ostile e magnifico al tempo stesso. Il sapiente dosaggio di programmazione e assi di legno convince sia la mente sia il corpo. Al punto di provare sensazioni di movimento quando invece siamo sempre perfettamente fermi, ancora lì in un negozio nel centro di Padova.
È una magia da prestigiatori hi-tech: il trucco funziona se eseguito con maestrìa, e come nel caso degli illusionisti, il complice migliore siamo noi. La nostra voglia di credere, di farci ingannare. Di ritrovarci al volante di una Formula 1, come sarà possibile sperimentare da oggi alla Maker Faire di Roma, oppure di essere al centro dell’azione di «Gomorra» o al cospetto dell’enorme e minaccioso Re Luigi del film Disney «Il Libro della Giungla». Gli inganni possono essere elaborati o anche semplici. Cambiano i gradi di realismo ma non l’effetto, quando per esempio visitiamo un museo o assistiamo a un concerto senza muoverci fisicamente. Se l’immersione è garantita e spontanea (con quanta profondità, dipende anche dalla disponibilità del soggetto), discorso diverso è per l’emersione. Uscire da una rappresentazione virtuale può essere lento e difficile, anche disturbante. La mente non è allenata e si affeziona all’inganno. Se è ben orchestrato.
@VitaDigitale