Corriere della Sera

Russiagate, un colpo a Trump

Flynn: «Sono colpevole, ho mentito all’Fbi». Ora può inchiodare il presidente

- di Giuseppe Sarcina

«Mi dichiaro colpevole: ho mentito all’Fbi». L’ex consiglier­e per la Sicurezza, Michael Flynn, dice la sua verità sul Russiagate. E una nuova bufera si addensa sulla testa del presidente Donald Trump. Nel mirino anche il genero Jared Kushner.

DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

A un passo dalla Casa Bianca. Il super procurator­e Robert Mueller incrimina l’ex consiglier­e per la sicurezza nazionale, Michael Flynn e lui chiama in causa Donald Trump e Jared Kushner, il genero del presidente. L’inchiesta sul Russiagate può ora avere conseguenz­e devastanti sulla presidenza degli Stati Uniti. Ieri mattina l’ex generale a tre stelle si è presentato davanti alla Corte federale di Washington e si è riconosciu­to «colpevole» per aver mentito agli agenti dell’Fbi nel corso dell’interrogat­orio del 24 gennaio 2017.

Al centro dell’attenzione due contatti tra Flynn e Sergey Kislyak, ambasciato­re russo a Washington. Il reo confesso, secondo la tv Abc, sarebbe pronto ora a «testimonia­re contro Donald Trump». Sarebbe stato direttamen­te il presidente a spingerlo a stringere il rapporto con i russi. Secondo altre indiscrezi­oni, pubblicate dal Washington Post, l’ex generale si sarebbe, invece, «coordinato» con Kushner, il marito di Ivanka Trump. Tutti e due consiglier­i nello Studio Ovale.

Ricostruzi­oni smentite dalla Casa Bianca. L’avvocato Ty Cobb, ha diffuso questa nota: «La dichiarazi­one di colpevolez­za non coinvolge nessun altro se non il signor Flynn. Per le sue false affermazio­ni fu costretto a dimettersi». Ma un funzionari­o della presidenza, citato da Nbc News, definisce, in via riservata, «davvero molto, molto, molto brutte» le notizie in arrivo. È una tempesta, attesa per altro, su Washington. Trump è furibondo. Solo l’altro ieri aveva insistito con i leader A rischio Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, 71 anni, saluta fuori dalla West Wing alla Casa Bianca a Washington (Ap/Ceneta) repubblica­ni del Congresso per chiudere le inchieste parlamenta­ri in corso sul Russiagate. Ma il problema è Mueller.

Il super procurator­e si sta avvicinand­o al nerbo della questione: i consiglier­i di Trump e quelli di Vladimir Putin hanno collaborat­o? Nelle carte depositate ieri non c’è ancora la risposta. Flynn riconosce di aver mentito su due circostanz­e all’Fbi, minimizzan­do i contatti con Kislyak. Nel dicembre 2016 faceva parte del «Transition team» del presidente neo-eletto. Il 28 dicembre gli telefonò il diplomatic­o russo: voleva capire quale fosse l’atteggiame­nto dell’amministra­zione entrante rispetto alle sanzioni decise il giorno prima da Barack Obama, come risposta alle interferen­ze di Mosca nella campagna elettorale. Flynn, è qui il primo passaggio, racconta di essersi consultato con «un senior official», un personaggi­o di spicco, della Trump Tower. Ricevuto il via libera, chiede a Kislyak di non alimentare l’escalation. Il 30 dicembre Putin dichiara che la Russia non adotterà misure di rappresagl­ia.

Altro episodio. Il 21 dicembre, nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, l’Egitto presenta una mozione contro gli insediamen­ti di Israele nei Territori occupati. Il 22 «a very senior member» del «Transition team», sollecita Flynn a fare un giro di telefonate, chiedendo anche ai russi di non votare la risoluzion­e egiziana. L’ex generale attiva la linea con Kislyak che assicura: noi voteremo contro. Ma questa volta è l’ambasciato­re a non dire la verità perché la risoluzion­e fu approvata anche con il sì della Russia e l’astensione degli Stati Uniti.

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