«Ilva un’emergenza nazionale, la fabbrica rischia di chiudere Italia bloccata dai veti incrociati»
IL MINISTRO DELLO SVILUPPO CARLO CALENDA «C’è un silenzio assordante della classe dirigente, non soltanto del Pd»
ROMA «Il dato è questo: oggi Comune di Taranto e Regione Puglia presentano un ricorso contro un piano ambientale che prevede 1,2 miliardi di investimenti a carico di Mittal. Un piano approvato da una commissione di esperti indipendenti che porta l’Ilva ad essere una della acciaierie più avanzate al mondo. Se la Regione ritira il ricorso possono riprendere le trattative, viceversa se il Tar concederà la sospensiva si dovrà iniziare il processo di spegnimento».
Ministro Calenda, lei ha giudicato irresponsabile il ricorso, perché?
«Emiliano ha fatto ricorso su tutto: dai vaccini al Tap, all’Ilva stessa. Per fortuna li ha persi. Oggi però il rischio è che Mittal ritenga impossibile gestire l’acciaieria più grande della Ue con Comune e Regione che vogliono cacciarlo. È stupefacente quello che ha dichiarato Emiliano, sorprendendosi dello scandalo che ha suscitato. Viene da pensare che non abbia consapevolezza di quello che fa, quello che stiamo vedendo è inaccettabile».
Questo lo deciderà il Tar.
«Certo, ma il problema non è solo giuridico. C’è una Regione che ha due infrastrutture strategiche per il Paese contro le quali il governatore ha mosso una guerra. Dice che vuole l’Ilva a gas, cosa che non sta in piedi, perché in nessun Paese, neanche quelli che sono pieni di gas, c’è un’acciaieria come l’Ilva che va a gas. Ma poi comunque fa ricorsi contro un tubo, quello del Tap, che porta in Europa, attraverso l’Italia, il gas a zero. Ci sono 3 mali che hanno condizionato tutta la seconda Repubblica: la politica dei ricorsi al Tar; la fuga dalla realtà, quando si
promettono cose che non si possono fare; l’irresponsabilità nei confronti delle conseguenze degli atti».
Perché accosta il Tap all’Ilva?
«L’Ilva è il più grande investimento industriale nel Meridione da decenni, 5 miliardi di euro. Ma quello del Tap è un caso altrettanto significativo: per un piccolo tubo di 1,5 metri di diametro, che passa 16 metri sotto la costa, dopo aver valutato 13 percorsi alternativi siamo in grande ritardo, rischiamo una figuraccia internazionale. La Regione è persino arrivata a certificare che gli ulivi sono alberi ad alto fusto per bloccare l’opera».
Perché sono opere strategiche per il Paese?
«Se l’Ilva chiude andiamo a comprare l’acciaio in Germania e perdiamo un punto di Pil. Con il Tap diversifichiamo rispetto al gas russo. Di fronte a tutto questo Emiliano dice che la questione riguarda solo la Puglia. E il sindaco minaccia battaglie in quanto discendente degli Spartani. Il governo intanto ha tenuto in piedi l’Ilva con quasi 500 milioni di euro prestati all’amministrazione straordinaria. Soldi dei contribuenti, che rientrerebbero se l’acquisto andasse a buon fine».
È una storia già vista con Alitalia.
«Certo, è l’idea che tutto è gratis e dovuto. Il gas deve essere ad un prezzo basso, ma senza gasdotti. Si vogliono i posti di lavoro ma quando ci sono investitori non vanno bene. C’è un populismo istituzionale che ormai è quasi un virus. Il futuro acquirente di Alitalia forse non offrirà condizioni migliori rispetto a quelle che offriva Etihad, condizioni che a loro volta erano peggiori di quelle che garantiva Air France anni fa. Una continua fuga dalla realtà. Se Mittal rinuncia all’acquisto Emiliano non si farà carico delle bonifiche o dei 20 mila lavoratori che perderanno il posto. Su Alitalia si riparla di nazionalizzare, dopo aver buttato miliardi, perché tanto alla fine il conto di tanta cialtroneria lo pagano sempre i tanti italiani che tengono in piedi il Paese».
Le proteste dei sindacati sono lacrime di coccodrillo?
«Alitalia è stato anche populismo sindacale. Per l’Ilva è diverso, i sindacati metalmeccanici hanno ben altro spessore e consapevolezza del rischio che si corre. Insieme abbiamo vinto una battaglia giusta sui livelli salariali. E ora sono compatti nel chiedere il ritiro del ricorso al Tar».
Si può fare politica industriale in questo Paese?
«La si fa. Con Industria 4.0, con il piano Made in Italy, con la Strategia energetica nazionale. Gli investimenti degli imprenditori sono cresciuti più del 10%, l’export è il doppio di quello francese. Ma certo senza un sistema amministrativo che funziona e una politica ancorata alla realtà diventa difficile».
Il silenzio del Pd le pesa?
«Il silenzio non è solo del Pd, ma della classe dirigente italiana. Anche negli altri partiti non populisti e nella società civile. Ed è sconcertante».
Ci vogliono norme diverse?
«La prossima legislatura si deve porre il problema di una clausola di supremazia, una legge per superare i veti degli enti locali di fronte ad interessi strategici nazionali, come in Germania».
Il Tap rischia di fallire come l’Ilva?
«L’Ilva è già fallita, ora rischia di chiudere. Il Tap lo faremo con grandi difficoltà, e con l’umiliazione internazionale di essere un Paese incapace di rispettare i tempi».
Oggi Grasso diventa leader Mdp, che ne pensa?
«Occorre fare un’alleanza ampia nel centrosinistra, ma che parta dai contenuti e che non sacrifichi la coerenza alle logiche di apparentamento della legge elettorale. Grasso è una persona di grande livello, porterà un contributo, ma ci vogliono programmi sui punti nodali del Paese. Qui ci occupiamo solo di polemiche sulle banche e naziskin, della cronaca del giorno. La campagna elettorale oggi è realtà virtuale innestata in un Truman show giornaliero incomprensibile per i cittadini. Se questo Paese non fa un bagno di realismo rischiamo lo squagliamento disordinato della seconda Repubblica».
Esiste un metodo Gentiloni?
«Ha portato un metodo di lavoro nuovo nel governo. Il paradosso attuale è che i provvedimenti di Renzi sono stati i più riformisti da molti anni, ma hanno comunicato un senso di insicurezza. Al momento manca un vero programma ed è un pericolo mortale».
Emiliano ha fatto ricorso su tutto: dai vaccini al Tap, all’Ilva stessa. Per fortuna li ha sempre persi.Viene da pensare che non abbia consapevolezza di quello che fa e che per lui ricorrere sia normale attività di governo Il populismo istituzionale ormai è un virus, intanto il governo ha tenuto in piedi l’Ilva con quasi 500 milioni di euro prestati all’amministrazione straordinaria. Soldi degli italiani, dei contribuenti