Massimo D’Alema
queste grandi culture democratiche ha portato al prevalere dell’individualismo».
«Da questo individualismo mi sembra discenda la posizione che abbiamo oggi di fronte all’accoglienza, il rifiuto totale che nutriamo rispetto a questo grande e prevedibilissimo fenomeno che è l’immigrazione. Anche su questo noi italiani, che ci definiamo brava gente, facciamo un bel po’ di omissioni. Mi ricordo che, negli anni Sessanta, quando mi trovavo a Torino per lavorare alla Tv (...), ho visto con i miei occhi — allora che c’era la migrazione interna — i cartelli sui portoni che dicevano: “Non si affitta a meridionali”. E non è razzismo quello? Figurati se oggi si affitta agli iraniani, ai magrebini ecc. (...) Per qualcuno questi poveri disperati non dovrebbero mettere piede in Italia.(...) Se così si vincono le elezioni provo terrore, perché capisco quanto sia diffuso l’individualismo. Il “particulare” emerge su tutto». (...)
«È vero che nella Chiesa c’è un animo conservatore. Però guardo anche con una certa invidia alla tensione sociale della Chiesa di Bergo-
Camilleri D’Alema
glio, perché nella sinistra italiana sento poche voci che hanno la stessa sensibilità. Ma poi, cosa è diventata oggi la sinistra italiana?».
«Mi sembra che in questo momento parlare di centrodestra e di centrosinistra sia un po’ un modo di barare al gioco. Perché il centrosinistra in realtà è centro, ed è già tanto che non sia solo destra. (...) Avevo sperato che si riuscisse in Italia a ripetere il miracolo che in Grecia fece Tsipras quando riuscì a riunire vari gruppi della sinistra. Ma la vedo difficile».
«Non è facile, ma penso che oggi sia l’unico tentativo che vale la pena provare a fare. Perché oggi la realtà del Pd è quella di una forza che appare prigioniera di una guida personale. È diventato il partito di una persona».
«Si adegua a una tendenza. Come il partito di Grillo è di Grillo e il partito di Berlusconi è di Berlusconi. Si è adeguato anche il Pd».
«Bisognerebbe cercare di fare emergere in Italia una possibilità diversa. È lo sforzo di queste settimane, di questi mesi: mettere in campo una possibilità diversa. Incontro molte persone che mi dicono: datemi qualcosa per cui votare, perché altrimenti rimango a casa».
«Per la prima volta, a 92 anni, per poter votare al referendum sono dovuto andare alla Asl, dove ho sostenuto una visita medica per avere la possibilità di farmi accompagnare in cabina da una persona di fiducia. Ho passato due visite per andare a votare. Ora, farei fatica a rifare tutta la trafila, perché non saprei onestamente per chi votare».
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In Italia bisogna cercare di far emergere una possibilità diversa