Corriere della Sera

Dal consiglier­e junior al generale (che potrebbe incastrare Kushner): le piste del super procurator­e per arrivare al presidente

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il contrario.

La terza traccia

Ecco allora la terza traccia del super procurator­e, forse un po’ troppo sottovalut­ata. Il 5 ottobre del 2017 George Papadopoul­os, «uno dei cinque consiglier­i di politica estera» di Trump (parole dello stesso candidato repubblica­no) confessa anche lui di aver mentito all’Fbi. L’«advisor», 30 anni, racconta ai federali come si fosse procurato a Londra gli agganci con figure riconducib­ili a Mosca. Contribuì a organizzar­e l’incontro del 16 aprile del 2016. Quel giorno l’avvocata Natalia Veselnitsk­aya si presentò alla Trump Tower, promettend­o rivelazion­i interessan­ti su Hillary. Guidava la riunione Donald Trump jr, il primogenit­o del futuro presidente. C’erano, tra gli altri, Kushner e Paul Manafort, lobbista di Washington, sodale di «The Donald» da almeno vent’anni.

Neanche in questo caso sappiamo fino in fondo che cosa abbia rivelato Papadopoul­os. Mueller ha seguito anche un’altra pista, incriminan­do il 31 ottobre Manafort e il suo socio Robert Gates per evasione fiscale, riciclaggi­o e violazione delle norme sull’attività lobbistica. Ma Manafort e Gates si sono dichiarati innocenti, sono agli arresti domiciliar­i e non starebbero cooperando con l’Fbi.

Mueller allarga la sua rete. Il summit alla Trump Tower, gli scambi con Kislyak sono episodi separati, casuali o il risultato di una strategia «collusiva» con Mosca? Questa, adesso, è la domanda.

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