«Per i sauditi Teheran è una minaccia Una guerra? Nessuno può escluderla»
Il ministro degli Esteri di Riad: i nostri arresti come Mani pulite; i diritti umani verranno
Il mondo di Adel al-Jubeir è in bianco e nero. Da un lato c’è un regime virtuoso, l’Arabia Saudita, che vuole pace nel Grande Medio Oriente, è in prima fila nella lotta al terrorismo, combatte la corruzione interna, apre progressivamente l’arcaica società saudita alla modernità (donne alla guida, cinema, musica) e aiuta i regimi in difficoltà come lo Yemen. Dall’altro c’è l’Iran, «il problema più grande della regione», sponsor del terrore, Il saudita Adel al-Jubeir, 55 anni alla Siria». In abiti tradizionali, sbarbato e in perfetto inglese, nel salotto dell’ambasciata, il ministro ha presentato Riad come il poliziotto della regione, consapevole che l’America ha rinunciato a quel ruolo. Sul fronte libanese, ha definito «folli» i sospetti che l’Arabia Saudita abbia fatto pressione sul premier Saad Hariri per farlo dimettere. Al contempo, ha avvertito che, «finché l’Hezbollah non rinuncia alle armi, è da sciocchi pensare che possa esserci equilibrio e calma in Libano».
Il ministro ha difeso le operazioni militari saudite in Yemen, nonostante le critiche mosse dall’Onu a entrambe le parti in conflitto: «Dicono che bombardiamo le scuole e gli ospedali ma non è vero, seguiamo le stesse procedure della Nato… e, se colpiamo obiettivi sbagliati, ce ne assumiamo la responsabilità». La sua ricostruzione della guerra è che «gli houthi hanno fatto un golpe e si sono impadroniti del Paese» e «noi abbiamo risposto alla richiesta di intervenire fattaci dal governo legittimo». «Non è una guerra che volevamo, né che abbiamo iniziato». All’obiezione che una cosa simile hanno fatto gli iraniani, intervenuti in Siria al fianco di un governo alleato, il ministro saudita ha replicato duramente: «Non hanno diritto di stare in un Paese arabo. Se ne stiano in Persia».
Il Paese wahhabita relega invece nel passato le sue responsabilità di appoggio all’estremismo: «Abbiamo affrontato il problema, la nostra politica è di tolleranza zero». Il ministro ha offerto anche un paragone tra la retata anticorruzione contro centinaia di principi e ministri sauditi e Mani Pulite: «In Italia l’avete fatto molti anni fa». Certo le procedure sono diverse: anziché processare i colpevoli, «li abbiamo messi in albergo e diamo loro la scelta di restituire i soldi e andarsene a casa. Crediamo che la maggioranza lo farà. Se li porti tutti in tribunale, ci vorranno anni a processarli». Dagli Stati Uniti il ministro di Riad prende in prestito la narrazione dello sbarco sulla luna: «Kennedy avrebbe potuto spendere tutti quei soldi nelle periferie disagiate d’America, ma scelse di mandare l’uomo sulla Luna perché era un simbolo. Anche noi avremo il nostro sbarco sulla Luna: si chiama Neom City, una città di intelligenza artificiale ed energia pulita. Vogliamo cambiare la psicologia della gente, abbiamo vissuto di rendita e senza responsabilità grazie al petrolio che Dio ci ha dato. Ora vogliamo un’economia sostenibile».
I diritti umani? «Se la società si evolve, arrivano con tutto il resto — sostiene il ministro — come il diritto alla guida per le donne».