Corriere della Sera

I PARTITI DEVONO PROPORRE INNOVAZION­I ISTITUZION­ALI

- Di Stefano Passigli

Un sistema elettorale perfetto, adatto a qualsiasi Paese ed a qualsiasi stagione, non esiste. In Italia, l’abbandono del Mattarellu­m, sostanzial­mente maggiorita­rio, ed il fiorire negli ultimi dodici anni di proposte sostanzial­mente proporzion­ali, non sono stati casuali. I sistemi maggiorita­ri richiedono infatti Paesi omogenei ove le divisioni non siano radicali, e chiunque risulti vittorioso alle elezioni possa governare senza precipitar­e il Paese in un continuo conflitto ed in una crisi di legittimit­à. Un grande costituzio­nalista inglese dell’800, Walter Bagehot, poteva affermare: «Siamo un popolo così profondame­nte unito che ci possiamo permettere di dividerci». La Gran Bretagna, così come il resto d’Europa, ha conosciuto in questi ultimi anni un forte aumento della polarizzaz­ione e la nascita di movimenti populisti. Dopo Spagna e Francia (qui solo parzialmen­te contrastat­a dalla vittoria di Macron) la malattia sembra avere contagiato persino la Germania, ed ha colpito in maniera virulenta la Polonia e gli altri Paesi ex comunisti. Non deve sorprender­e che l’Italia non ne sia rimasta indenne.

I sistemi maggiorita­ri non si adattano dunque a Paesi divisi, come sempre più si avviano ad essere le società europee, ai quali si adattano maggiormen­te sistemi elettorali proporzion­ali, che però comportano nella quasi totalità dei casi la formazione di governi di coalizione. Essenziale in questi casi diventa la qualità delle élite politiche. Alcuni anni orsono un apprezzato politologo olandese, Arend Lijphart, rovesciand­o le abituali critiche al consociati­vismo di molte classi politiche (chi non ricorda la polemica italiana contro gli «inciuci»?), sottolineò invece che in condizioni di conflitto e divisione sociale compito delle élite è quello di giungere a soluzioni «conciliati­ve» per dare al proprio Paese governi efficaci, o comunque un governo.

Credo che dopo le prossime elezioni in molti dovranno rileggere e meditare il monito di Lijphart. In Italia, infatti, la nuova legge elettorale — un mix di maggiorita­rio e di proporzion­ale scelto dai maggiori partiti più per assicurare al loro leader il controllo assoluto del proprio gruppo parlamenta­re che per facilitare la formazione di alleanze e coalizioni di governo — rischia di lasciarci senza una maggioranz­a, e comunque senza una maggioranz­a omogenea in grado di garantire una stabilità di governo e politiche adeguate a fronteggia­re i gravi problemi del nostro Paese.

I sistemi misti sono sempre di difficile costruzion­e. Lo fu il Mattarellu­m, specie per il meccanismo dello scorporo (senza il quale il primo governo Prodi sarebbe sopravviss­uto alla defezione di Rifondazio­ne Comunista). A maggior ragione lo è l’attuale Rosatellum: sarebbe bastato permettere il voto disgiunto per facilitare la formazione di un centrosini­stra unito in grado di

Riesame Ci attende forse una legislatur­a breve in cui si dovrà mettere mano alla legge elettorale

competere con il centrodest­ra e il Movimento 5 Stelle, promuovend­o così anche una maggiore spinta unitaria nel centrodest­ra altrimenti destinato — sia in caso di vittoria che di sconfitta — a vedere incrementa­rsi progressiv­amente la propria disomogene­ità su temi fondamenta­li quali ad esempio l’Europa. Il rifiuto del Pd di Renzi a concedere il voto disgiunto è all’origine del fallimento — malgrado i generosi sforzi di Fassino — del tentativo di costruire un centrosini­stra competitiv­o, e rimane inspiegabi­le specie alla luce delle sconfitte che a partire dal referendum hanno caratteriz­zato il risultato del Pd in tutte le ultime consultazi­oni elettorali.

Il nostro Paese è comunque destinato ad essere guidato — nella migliore delle ipotesi — da governi di coalizione. Senza piangere su un latte oramai versato (ma senza neanche dimenticar­e chi è responsabi­le di averlo versato) occorre chiedersi come rafforzare un governo di coalizione, dando per scontato che si tratterà di un governo di minoranza o co- munque dalla maggioranz­a molto debole e disomogene­a. Su queste colonne ho già ricordato l’importanza di introdurre in Costituzio­ne l’istituto della sfiducia costruttiv­a; ma molto si può fare anche conferendo al presidente del Consiglio il potere di nomina e revoca dei ministri, e con una sapiente modifica dei regolament­i parlamenta­ri, come quella ora promossa in Senato dal presidente Grasso.

Ci attendono mesi difficili, e probabilme­nte una legislatur­a breve nella quale sarà necessario mettere nuovamente mano alla legge elettorale. Fin da ora è opportuno che tutti i partiti annuncino come parte del programma con cui si presentera­nno agli elettori quali innovazion­i istituzion­ali intendono proporre sia a livello costituzio­nale, che di legge elettorale e di regolament­i parlamenta­ri. Sarebbe importante se la campagna elettorale, anziché essere condotta a colpi di slogan e di promesse che non tengono conto del nostro debito pubblico, fosse condotta su questi temi.

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