Ex Lucchini, pignorati i conti Aferpi «A rischio il pagamento degli stipendi»
La mossa del commissario di Piombino e il duello con gli azionisti del gruppo algerino
PIOMBINO (Livorno) Impianti fermi. Promesse disattese. Accuse del governo di speculare sulla pelle di oltre duemila lavoratori. Polemiche politiche, con tanto di querela, tra il segretario del Pd Matteo Renzi e il governatore della Toscana (ex dem oggi leader di Mdp) Enrico Rossi. E adesso persino un presunto pignoramento dei conti correnti della proprietà con il rischio che i lavoratori non riescano a riscuotere lo stipendio di Natale. Sopra l’ex acciaierie Lucchini di Piombino, oggi Aferpi, i nuvoloni sono sempre più neri. Perché a fronte di un investimento iniziale di 102 milioni e subito dopo di una raffica d’impegni disattesi dalla nuova proprietà del magnate algerino, Issad Rebrab, adesso a mancare potrebbe essere la liquidità di una proprietà «ballerina» che aveva promesso «mari e monti» e un paio di giorni fa aveva annunciato l’intenzione di vendere gli impianti di Piombino ma al doppio della cifra investita.
«Abbiamo ricevuto comunicazione del pignoramento dei nostri conti correnti bancari da parte del commissario della Lucchini», ha annunciato ieri l’amministratore delegato di Aferpi, Sai Benikene. Spiegando poi ai giornalisti che l’atto è «legato a pretese penali da pochi giorni unilateralmente pretese dal commissario» per l’interruzione dell’attività produttiva e «non confermate da alcun doveroso accertamento giudiziale», anzi «da noi opposte». Ciò è «indice della volontà di rendere difficili nei prossimi mesi i nostri pagamenti di stipendi e fornitori». Benikene ha poi aggiunto che quello che sta accadendo «è atto non legato a nostre mancanze o inadempimenti nei confronti delle banche o di terzi» ma dalle penali imposte per non aver rispettato i protocolli industriali sottoscritti. «Penali da noi prontamente contestate — ha specificato Benikene — in quanto l’interruzione delle attività è stata solo parziale e soprattutto diretta conseguenza del diniego all’esportazione di valuta dall’Algeria e ciò costituisce notoriamente un evento di forza maggiore». E dunque, sempre secondo l’ad di Aferpi, il pignoramento sarebbe «un significativo indice della volontà di rendere difficili nei prossimi mesi i nostri pagamenti di stipendi e fornitori con l’evidente intento di sostenere l’insolvenza di Aferpi. Queste tecniche si commentano da sole e ad esse ci opporremo con tutte le forze auspicando che lo stesso ministro intervenga nell’ambito di quanto da lui auspicato». Sono scattate le penali. «Il sequestro è intervenuto solo su queste, circa 4,5 milioni di euro — precisa David Romagnani, segretario provinciale della Fiom di Livorno — e dunque non sull’intera liquidità dell’azienda. Che, se dovesse ammontare a quei 4,5 milioni, sarebbe una catastrofe e saremmo noi i primi a chiedere il fallimento e l’amministrazione straordinaria bis dopo quella della ex Lucchini. Crediamo sia solo terrorismo mediatico da parte di Aferpi che adesso deve vendere al più presto e ai prezzi di mercato».