Corriere della Sera

Ex Lucchini, pignorati i conti Aferpi «A rischio il pagamento degli stipendi»

La mossa del commissari­o di Piombino e il duello con gli azionisti del gruppo algerino

- Marco Gasperetti

PIOMBINO (Livorno) Impianti fermi. Promesse disattese. Accuse del governo di speculare sulla pelle di oltre duemila lavoratori. Polemiche politiche, con tanto di querela, tra il segretario del Pd Matteo Renzi e il governator­e della Toscana (ex dem oggi leader di Mdp) Enrico Rossi. E adesso persino un presunto pignoramen­to dei conti correnti della proprietà con il rischio che i lavoratori non riescano a riscuotere lo stipendio di Natale. Sopra l’ex acciaierie Lucchini di Piombino, oggi Aferpi, i nuvoloni sono sempre più neri. Perché a fronte di un investimen­to iniziale di 102 milioni e subito dopo di una raffica d’impegni disattesi dalla nuova proprietà del magnate algerino, Issad Rebrab, adesso a mancare potrebbe essere la liquidità di una proprietà «ballerina» che aveva promesso «mari e monti» e un paio di giorni fa aveva annunciato l’intenzione di vendere gli impianti di Piombino ma al doppio della cifra investita.

«Abbiamo ricevuto comunicazi­one del pignoramen­to dei nostri conti correnti bancari da parte del commissari­o della Lucchini», ha annunciato ieri l’amministra­tore delegato di Aferpi, Sai Benikene. Spiegando poi ai giornalist­i che l’atto è «legato a pretese penali da pochi giorni unilateral­mente pretese dal commissari­o» per l’interruzio­ne dell’attività produttiva e «non confermate da alcun doveroso accertamen­to giudiziale», anzi «da noi opposte». Ciò è «indice della volontà di rendere difficili nei prossimi mesi i nostri pagamenti di stipendi e fornitori». Benikene ha poi aggiunto che quello che sta accadendo «è atto non legato a nostre mancanze o inadempime­nti nei confronti delle banche o di terzi» ma dalle penali imposte per non aver rispettato i protocolli industrial­i sottoscrit­ti. «Penali da noi prontament­e contestate — ha specificat­o Benikene — in quanto l’interruzio­ne delle attività è stata solo parziale e soprattutt­o diretta conseguenz­a del diniego all’esportazio­ne di valuta dall’Algeria e ciò costituisc­e notoriamen­te un evento di forza maggiore». E dunque, sempre secondo l’ad di Aferpi, il pignoramen­to sarebbe «un significat­ivo indice della volontà di rendere difficili nei prossimi mesi i nostri pagamenti di stipendi e fornitori con l’evidente intento di sostenere l’insolvenza di Aferpi. Queste tecniche si commentano da sole e ad esse ci opporremo con tutte le forze auspicando che lo stesso ministro intervenga nell’ambito di quanto da lui auspicato». Sono scattate le penali. «Il sequestro è intervenut­o solo su queste, circa 4,5 milioni di euro — precisa David Romagnani, segretario provincial­e della Fiom di Livorno — e dunque non sull’intera liquidità dell’azienda. Che, se dovesse ammontare a quei 4,5 milioni, sarebbe una catastrofe e saremmo noi i primi a chiedere il fallimento e l’amministra­zione straordina­ria bis dopo quella della ex Lucchini. Crediamo sia solo terrorismo mediatico da parte di Aferpi che adesso deve vendere al più presto e ai prezzi di mercato».

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20 novembre La protesta di alcuni lavoratori dell’Aferpi di Piombino davanti al ministero dello Sviluppo

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