Pauli o Cipolla Scienza triste? No, è ironia e bella scrittura
L’ironia di John Maynard Keynes raggiungeva vette altissime («Non sono riusciti a essere degli artisti»: così una volta fulminò gli imprenditori). Prima di lui, forse solo Adam Smith aveva saputo infondere seduzione narrativa nel mondo dei numeri: il suo La ricchezza delle nazioni, del 1776, è un campionario di storie — famosa quella della manifattura di spilli. Fino ai tempi, più recenti, di un italiano come Carlo M. Cipolla, bizzarro a partire dal nome: quella «M.» se l’aggiunse per vezzo, un po’ come decise di scrivere saggi economici serissimi ma in chiave aneddotica e con l’ironia più sofisticata. Non è stata l’unica sua stravaganza: per anni Cipolla si rifiutò di tradurre in italiano, dall’inglese, le sue Leggi fondamentali della stupidità umana (saggio confluito poi, nel 1988, in Allegro ma non troppo per Il Mulino). È impossibile tradurre l’humour originale, diceva. Segno che la scrittura, per questo economista di Pavia, contava eccome. Ecco perché oggi le fiabe di Gunter Pauli, inventore della Blue Economy (un sistema di business fondato sul riutilizzo) e ospite al Forum su alimentazione e nutrizione a Milano domani e martedì, ci suonano familiari: la lepre e la tartaruga che riflettono su come riutilizzare il caffè per eliminare i cattivi odori sono il pretesto per far passare un’informazione (ingeriamo solo lo 0,2% del chicco quando beviamo una tazza di caffè: il 99,8% viene scartato), e così via. La «scienza triste», insomma, ha da tempo imparato a far sorridere. In modi più o meno raffinati: sapete da dove viene il prefisso «i» davanti ai prodotti Apple (da iPod a iPad)? Dalla definizione di iCeo, Ceo ad interim che l’azienda affibbiò a Steve Jobs quando, nel 1998 lo richiamò dopo averlo cacciato anni prima. Rivalsa? Forse. Ma importa saperlo? È come la «M.» di Cipolla, sta lì e basta.