Paolo Veronesi
Direttore Senologia chirurgica, Istituto Europeo di Oncologia, Milano alle domande dei lettori sul tumore alla mammella all’indirizzo
http://forum. corriere.it/ sportello_ cancro _la_senologia
uando possibile, il primo approccio terapeutico al tumore al seno è sempre chirurgico. Oggi si eseguono diversi tipi di intervento, a seconda della grandezza del tumore, dalle sue caratteristiche, dalla conformazione del seno e di altri fattori. «In tutti i casi, prima di procedere con la chirurgia, è indispensabile un’accurata diagnosi preoperatoria, tramite agoaspirato per l’esame citologico o agobiopsia (o prelievo Vabb, Vacuum assisted breast biopsy, in caso di lesioni non palpabili), per l’esame istologico — puntualizza Paolo Veronesi, direttore della Divisione di Senologia chirurgica dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano —. Dopo l’intervento, invece, va valutata l’opportunità di ricorrere, in modo personalizzato, ad altre terapie adiuvanti (radioterapia, terapie ormonali, chemioterapia), con lo scopo di ridurre al minimo il rischio di recidive e lo sviluppo di metastasi».
Quali sono le principali tecniche di chirurgia conservativa?
«L’intervento meno invasivo è quello che sfrutta la localizzazione radioguidata Roll (Radioguided occult lesion localization), messa a punto proprio all’Ieo e ormai usata in tutto il mondo. Questo approccio serve per localizzare e asportare lesioni visibili alla mammografia o all’ecografia, ma non palpabili, cercando di mantenere il più possibile l’integrità del seno e garantendo allo stesso tempo la massima sicurezza oncologica. L’approccio chirurgico conservativo cui si ricorre con maggiore frequenza è, però, la quadrantectomia, usata in circa il 70 per cento dei casi. Questo intervento, in genere, viene utilizzato per noduli che hanno dimensioni fino a due centimetri e mezzo: si asporta la lesione e una piccola parte del tessuto sano circostante, senza danni estetici estesi, perché si interviene solo su un quadrante del seno.
Alla quadrantectomia, va sempre abbinato il prelievo e l’analisi del linfonodo sentinella, quello che per primo drena la linfa dall’area dove è situato il tumore. Se risulta privo di cellule tumorali, non si toccano gli altri linfonodi ascellari; se invece più di due linfonodi risultano positivi, si procede alla dissezione ascellare completa».
In che cosa consiste la mastectomia e quando è indicata?
«La mastectomia prevede la rimozione totale della mammella malata. Di solito viene utilizzata quando il tumore ha superato i due centimetri e mezzo oppure se la malattia è multicentrica (noduli in più punti). Viene, inoltre, presa in considerazione nelle donne ad alto rischio genetico, ad esempio per la presenza di mutazioni nei geni Brca1 o Brca2. In genere quando si ricorre alla mastectomia si procede anche, nella stessa seduta operatoria, alla ricostruzione del seno. La ricostruzione può essere fatta ricorrendo sin da subito a una protesi definitiva oppure, se non è possibile, si inserisce un espansore tissutale in una tasca sotto il muscolo pettorale e dopo qualche mese la protesi definitiva. Anche durante la mastectomia occorre sempre l’analisi del linfonodo sentinella, in modo tale che, se positivo, si possa procedere subito alla rimozione di tutti i linfonodi ascellari. Se in passato la mastectomia comportava quasi sempre anche la rimozione del capezzolo, oggi, quando possibile, c’è la tendenza a una chirurgia “nipple sparing”, che prevede l’asportazione della ghiandola mammaria con la conservazione della cute sovrastante, dell’areola e del capezzolo, ed è quindi più rispettosa dell’estetica femminile, senza ripercussioni in termini di sicurezza».