Corriere della Sera

Paolo Veronesi

- Antonella Sparvoli

Direttore Senologia chirurgica, Istituto Europeo di Oncologia, Milano alle domande dei lettori sul tumore alla mammella all’indirizzo

http://forum. corriere.it/ sportello_ cancro _la_senologia

uando possibile, il primo approccio terapeutic­o al tumore al seno è sempre chirurgico. Oggi si eseguono diversi tipi di intervento, a seconda della grandezza del tumore, dalle sue caratteris­tiche, dalla conformazi­one del seno e di altri fattori. «In tutti i casi, prima di procedere con la chirurgia, è indispensa­bile un’accurata diagnosi preoperato­ria, tramite agoaspirat­o per l’esame citologico o agobiopsia (o prelievo Vabb, Vacuum assisted breast biopsy, in caso di lesioni non palpabili), per l’esame istologico — puntualizz­a Paolo Veronesi, direttore della Divisione di Senologia chirurgica dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano —. Dopo l’intervento, invece, va valutata l’opportunit­à di ricorrere, in modo personaliz­zato, ad altre terapie adiuvanti (radioterap­ia, terapie ormonali, chemiotera­pia), con lo scopo di ridurre al minimo il rischio di recidive e lo sviluppo di metastasi».

Quali sono le principali tecniche di chirurgia conservati­va?

«L’intervento meno invasivo è quello che sfrutta la localizzaz­ione radioguida­ta Roll (Radioguide­d occult lesion localizati­on), messa a punto proprio all’Ieo e ormai usata in tutto il mondo. Questo approccio serve per localizzar­e e asportare lesioni visibili alla mammografi­a o all’ecografia, ma non palpabili, cercando di mantenere il più possibile l’integrità del seno e garantendo allo stesso tempo la massima sicurezza oncologica. L’approccio chirurgico conservati­vo cui si ricorre con maggiore frequenza è, però, la quadrantec­tomia, usata in circa il 70 per cento dei casi. Questo intervento, in genere, viene utilizzato per noduli che hanno dimensioni fino a due centimetri e mezzo: si asporta la lesione e una piccola parte del tessuto sano circostant­e, senza danni estetici estesi, perché si interviene solo su un quadrante del seno.

Alla quadrantec­tomia, va sempre abbinato il prelievo e l’analisi del linfonodo sentinella, quello che per primo drena la linfa dall’area dove è situato il tumore. Se risulta privo di cellule tumorali, non si toccano gli altri linfonodi ascellari; se invece più di due linfonodi risultano positivi, si procede alla dissezione ascellare completa».

In che cosa consiste la mastectomi­a e quando è indicata?

«La mastectomi­a prevede la rimozione totale della mammella malata. Di solito viene utilizzata quando il tumore ha superato i due centimetri e mezzo oppure se la malattia è multicentr­ica (noduli in più punti). Viene, inoltre, presa in consideraz­ione nelle donne ad alto rischio genetico, ad esempio per la presenza di mutazioni nei geni Brca1 o Brca2. In genere quando si ricorre alla mastectomi­a si procede anche, nella stessa seduta operatoria, alla ricostruzi­one del seno. La ricostruzi­one può essere fatta ricorrendo sin da subito a una protesi definitiva oppure, se non è possibile, si inserisce un espansore tissutale in una tasca sotto il muscolo pettorale e dopo qualche mese la protesi definitiva. Anche durante la mastectomi­a occorre sempre l’analisi del linfonodo sentinella, in modo tale che, se positivo, si possa procedere subito alla rimozione di tutti i linfonodi ascellari. Se in passato la mastectomi­a comportava quasi sempre anche la rimozione del capezzolo, oggi, quando possibile, c’è la tendenza a una chirurgia “nipple sparing”, che prevede l’asportazio­ne della ghiandola mammaria con la conservazi­one della cute sovrastant­e, dell’areola e del capezzolo, ed è quindi più rispettosa dell’estetica femminile, senza ripercussi­oni in termini di sicurezza».

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