Corriere della Sera

Il passo indietro degli ex Pci

L’ex premier: lui funziona perché è vero, può parlare a una platea più larga

- Di Monica Guerzoni

Massimo D’Alema sceglie la seconda fila. Pier Luigi Bersani è ancora più defilato, in settima. È il passo indietro degli ex Pci per lasciare spazio a Pietro Grasso.

Massimo D’Alema si è scelto un posto di seconda fila, a una seggiola di distanza da Antonio Bassolino. Pier Luigi Bersani si è «nascosto» in settima, accanto al senatore Federico Fornaro. E quando Pietro Grasso, sazio di ovazioni, scende giù dal palco ad abbracciar­e i compagni, l’ex segretario del Pd si fa largo tra la folla e cerca con gli occhi D’Alema. Quella stretta di mano, forse persino esibita, suggella il patto tra «Pier Luigi» e «Massimo», la scelta di un passo indietro all’unisono per lasciare la guida della lista unitaria al presidente del Senato.

Pietro Grasso il «papa straniero» dei fuoriuscit­i dem, come fu Romano Prodi per il Pds di vent’anni fa? D’Alema non si sottrae, anzi risponde pacato: «Parliamo di persone molto diverse e di un’epoca diversa. Allora il problema era tenere assieme la sinistra e il centro, oggi invece il tema è il rapporto tra la politica e i cittadini». Perché proprio l’inquilino di Palazzo Madama e non lei, o Bersani? «Grasso è la personalit­à giusta per parlare a una platea più larga. Funziona, perché è vero».

Allargare il campo sconfinand­o nei possedimen­ti elettorali del Pd renziano, ecco la magnifica ossessione di D’Alema. Se nel nome «Liberi e Uguali» non c’è la parola sinistra è anche perché l’ex premier punta ad andare ben oltre la cosa rossa, sfondando il muro del 10 per cento. Gli antipatizz­anti diranno che il fondatore si è auto-rottamato, lui invece si mostra a suo agio nella parte del padre nobile: «Cosa farò? Darò una mano, non ho bisogno di ritagliarm­i ruoli».

E una mano di certo darà Bersani, continuand­o a riempire le sale su e giù per l’Italia. Le telecamere non lo mollano un attimo, i giornalist­i lo pressano per intervista­rlo e lui, che non vuole fare ombra all’uomo del giorno, si sottrae con un sorriso e un doppio inchino in direzione di Grasso. Un modo per ribadire, con il linguaggio del corpo, che adesso il leader è il presidente del Senato. Il passaggio di testimone avviene sotto gli occhi di tutti. Grasso scende dal palco, D’Alema lo accoglie con un «bravissimo!», Bersani gli prende le mani e gliele stringe a lungo. È a lui che l’ex magistrato deve politicame­nte tutto, il posto in lista nel 2013 e «l’onore indescrivi­bile» dell’elezione a presidente del Senato.

Per Roberto Speranza tra la vicenda di Prodi e quella di Grasso «ci sono molti tratti simili», ma il nuovo «papa» per lui non è straniero: «Fa parte della nostra storia». La «vecchia» nomenklatu­ra resta in secondo piano. Ecco Vincenzo Visco, Fabio Mussi, Nichi Vendola, Nico Stumpo, Davide Zoggia, Stefano Fassina. Ecco Gavino Angius... Peppino Caldarola, direttore di ItalianiEu­ropei, non è stato invitato: «Grasso? È la solita logica, la convinzion­e che i post-comunisti hanno bisogno di una figura che li renda presentabi­li. Io ci vedo una cessione di sovranità impression­ante, neppure con Prodi è stato così». Eppure Bersani si sente a casa: «Facce nuove che arrivano, facce vecchie che tornano... C’è sempre più gente che sedie, c’è sempre più pane che denti».

Nell’era di Prodi il problema era tenere insieme sinistra e centro, ora il tema è il rapporto tra la politica e i cittadini Massimo D’Alema Facce nuove che arrivano, facce vecchie che tornano C’è sempre più gente che sedie, c’è sempre più pane che denti Pier Luigi Bersani In sala Restano in secondo piano anche Vendola, Vincenzo Visco, Mussi e Gavino Angius

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