«Trichet salvò la Francia e ci danneggiò»
Dai tassi all’austerity, il diario e i dialoghi di Roberto Napoletano con i protagonisti
Una rilettura della grande crisi. Gli errori di Trichet che salvò la Francia ma danneggiò l’Italia. Fatti, aneddoti, dialoghi. Roberto Napoletano ripercorre dati e fatti nel libro «Il Cigno nero e il Cavaliere bianco».
Quando la storia italiana di questi anni verrà scritta da una certa distanza, è possibile che accanto alla data d’inizio della crisi economica compaia anche una data per la sua fine: l’estate del 2017, quando il governo lancia l’operazione per stabilizzare le attività di Veneto Banca e della Popolare di Vicenza. È impossibile dire se resterà l’ultimo, ma quell’intervento ha lasciato l’impressione che una pagina sia stata voltata. La stagione iniziata nel 2008 e composta di profonda recessione, stress finanziario, pressione sul debito pubblico e infine sulle banche — a meno di nuovi errori in Italia e in Europa — potrebbe essersi chiusa pochi mesi fa.
Di certo se n’è aperta un’altra, dedicata ai primi sforzi di riordino e riflessione sul passato recente. Un tentativo in questo senso viene da Roberto Napoletano, che negli anni scorsi ha seguito i fatti in prima linea per aver diretto prima il «Messaggero» e poi «Il Sole 24 Ore». Mercoledì Napoletano manda in libreria una voluminosa rilettura della grande crisi, il cui titolo dice molto dell’intensità con la quale il giornalista ha vissuto gli eventi: «Il Cigno nero e il Cavaliere bianco» (La Nave di Teseo). Il Cigno nero è quello della profezia di Nassim Nicholas Taleb, il trader, matematico e scrittore di origini libanesi che aveva avvertito come l’impensabile sui mercati finanziari e nel tessuto produttivo possa sempre accadere: è successo a Wall Street nel 2008 e in Italia dal 2010, lasciando al passaggio il bilancio economico di un conflitto. Il Cavaliere bianco è invece in primo luogo una persona, Mario Draghi, ma più nel complesso indica lo sforzo di molti in Italia per leggere gli eventi come una crisi del sistema-euro — non solo del debito di questo o quel Paese — e dare così una risposta adeguata. Sarà quella riassunta nel «whatever it takes», la svolta di Draghi alla guida della Banca centrale europea che nel luglio 2012 annuncia: proteggeremo l’euro, a qualunque costo. Napoletano non è mai stato un introverso e non lo è neanche in questo libro, quando critica e cerca di indicare quelli che, per lui, sono stati i grandi responsabili della crisi. Lo fa anche sulla base di una lunga serie di sue conversazioni con alcuni protagonisti, da Romano Prodi, a Silvio Berlusconi, a Enrico Letta e Mario Monti. In cima alla lista dei colpevoli Napoletano mette Jean-Claude Trichet, il banchiere centrale che fra il 2003 e il 2011 precedette Draghi alla guida della Bce. Nel libro viene definito «patriota francese». L’autore gli chiede: «È in grado di spiegarci perché nell’agosto del 2007, quando esplode la crisi di tre fondi di BNP Paribas per l’esposizione in mutui subprime, Trichet mette mano al portafoglio e tira fuori un’iniezione straordinaria di liquidità da 94,8 miliardi di euro, mentre quando esplode la crisi del debito sovrano greco continua a alzare i tassi?». Questo è un punto sul quale l’autore insiste fortemente. Scrive per esempio: «Quando arriva la crisi degli ‘Sfigati’, quella dei titoli sovrani dei cosiddetti PIIGS — si parte con greci e irlandesi e, passando per quelli portoghesi, si arriva a spagnoli e italiani — i banchieri centrali europei si girano dall’altra parte e Trichet riesce nel capolavoro di alzare i tassi mettendo in ginocchio e aumentando a vista d’occhio diseguaglianze e povertà».
Napoletano non ignora i problemi dell’Italia. In proposito cita una battuta privata dell’ex capo della Federal Reserve, Alan Greenspan: «Prima di entrare nell’euro l’Italia aveva oltre 500 punti base di differenziale con la Germania. Dopo la nascita della moneta unica questo differenziale si è sostanzialmente azzerato, un dividendo strepitoso per fare le riforme e ripartire. L’Italia non ha fatto nulla: com’è stato possibile?».
Ma gli strali più velenosi, e forse i brani di attualità più bruciante, Napoletano li riserva a una certa élite francese, accusata di voler indebolire l’Italia — banche incluse — per comprarne i gioielli di famiglia a poco prezzo. Il libro parla di un «disegno di conquista che la Francia conduce, in modo strategico e militare, nei confronti dell’Italia». Emblematico un passaggio: «Nei circoli internazionali il ragionamento geopolitico prevalente dà per acquisito che i francesi vogliono conquistare il Nord dell’Italia e magari lasciare che il Sud diventi una grande tendopoli per gli immigrati di tutto il mondo. Per loro sono dati quasi psicologico-esistenziali». Parole che, c’è da scommetterlo, non mancheranno d’infiammare favorevoli e contrari.