La trappola delle 100 autorizzazioni Così Ilva e Tap sono ostaggio dei veti
La Regione Puglia è riuscita a litigare anche contro se stessa sulla vita degli ulivi
La Regione Puglia ha fatto ricorso su tutto e al cospetto di tutti: sulle capacità di valutare l’impatto ambientale di un’opera da parte di un comitato di esperti indipendenti, sulle capacità di farlo da parte del ministero dell’Ambiente, sui fondali di Posidonia, sulle capacità di Snam di rispettare i vincoli ambientali, sulla presunta violazione della Costituzione, sui diritti sanciti da un decreto luogotenenziale del 1945 a proposito di ulivi.
Ha cercato di fare valere le sue ragioni — quasi sempre contrarie sia all’Ilva che al Tap — di fronte al ministero, in sede di interlocuzione con Palazzo Chigi, in conferenza di servizi, attraverso la sua assenza (con riunioni disertate), di fronte al Consiglio di Stato, di fronte alla Corte Costituzionale, molteplici volte dinanzi al Tar. Organo che per le due opere strategiche pugliesi è quasi come una slot machine giudiziaria. Si fa un ricorso, si aspetta, si vede che esito ha.
La storia normativa, amministrativa e giudiziaria dei due progetti che secondo il ministro Carlo Calenda sono «il simbolo dell’incapacità del nostro Paese di fare sistema», è anche un caso di scuola: c’è la Regione contro tutti, persino contro se stessa; ma anche il ministero dell’Ambiente contro quello dei Beni culturali, la presidenza del Consiglio costretta più volte a intervenire per dirimere i conflitti, o a supplire all’assenza nelle sedi istituzionali degli enti locali, a rispondere (spesso in una corsa contro il tempo che ha implicazioni internazionali) a ricorsi degli stessi.
Sono almeno 100, solo negli ultimi tre anni, gli atti di grande rilievo per entrambi i progetti, per limitarsi alle leggi ad hoc (3), ai ricorsi giudiziari (più di 10), alle istanze ministeriali o contro i ministeri stessi (più di 20), alle sentenze amministrative e costituzionali (almeno 9 sin qui), alle conferenze di servizio (svariate decine), ai molteplici decreti del premier (3 e si aspetta il quarto), ad autorizzazioni, e pareri di diniego, di varia natura.
Ma ogni qual volta un capitolo appare chiuso, come in un gioco dell’oca, ecco una nuova istanza, capace di allungare ancora i tempi, o di rimettere tutto in discussione. Fare un’opera strategica è di fatto una via crucis amministrativa. La Regione Puglia è riuscita a litigare contro se stessa sulla vita degli ulivi: l’Istituto fitosanitario contro la Soprintendenza. Oggetto del contendere la capacità di ripresa degli alberi espiantati per il Tap. Per la seconda non c’erano sufficienti garanzie che si sarebbero ripresi. Per il primo istituto, anch’esso regionale, il microtunnel del Tap è incapace di influire, essendo a 16 metri di profondità. Sono stati studiate (e pagate) 12 possibili alternative di percorso per il Tap: l’unico prescelto (dopo anni di discussione e altre decine di atti) è oggi fermo al Tar.
Il tragitto Sono state studiate 12 alternative di percorso per il gasdotto: l’unico scelto è fermo al Tar I ricorsi Dalle leggi ad hoc alla raffica dei ricorsi al Tar. Il nodo delle istanze ministeriali