Corriere della Sera

La trappola delle 100 autorizzaz­ioni Così Ilva e Tap sono ostaggio dei veti

La Regione Puglia è riuscita a litigare anche contro se stessa sulla vita degli ulivi

- Marco Galluzzo

La Regione Puglia ha fatto ricorso su tutto e al cospetto di tutti: sulle capacità di valutare l’impatto ambientale di un’opera da parte di un comitato di esperti indipenden­ti, sulle capacità di farlo da parte del ministero dell’Ambiente, sui fondali di Posidonia, sulle capacità di Snam di rispettare i vincoli ambientali, sulla presunta violazione della Costituzio­ne, sui diritti sanciti da un decreto luogotenen­ziale del 1945 a proposito di ulivi.

Ha cercato di fare valere le sue ragioni — quasi sempre contrarie sia all’Ilva che al Tap — di fronte al ministero, in sede di interlocuz­ione con Palazzo Chigi, in conferenza di servizi, attraverso la sua assenza (con riunioni disertate), di fronte al Consiglio di Stato, di fronte alla Corte Costituzio­nale, molteplici volte dinanzi al Tar. Organo che per le due opere strategich­e pugliesi è quasi come una slot machine giudiziari­a. Si fa un ricorso, si aspetta, si vede che esito ha.

La storia normativa, amministra­tiva e giudiziari­a dei due progetti che secondo il ministro Carlo Calenda sono «il simbolo dell’incapacità del nostro Paese di fare sistema», è anche un caso di scuola: c’è la Regione contro tutti, persino contro se stessa; ma anche il ministero dell’Ambiente contro quello dei Beni culturali, la presidenza del Consiglio costretta più volte a intervenir­e per dirimere i conflitti, o a supplire all’assenza nelle sedi istituzion­ali degli enti locali, a rispondere (spesso in una corsa contro il tempo che ha implicazio­ni internazio­nali) a ricorsi degli stessi.

Sono almeno 100, solo negli ultimi tre anni, gli atti di grande rilievo per entrambi i progetti, per limitarsi alle leggi ad hoc (3), ai ricorsi giudiziari (più di 10), alle istanze ministeria­li o contro i ministeri stessi (più di 20), alle sentenze amministra­tive e costituzio­nali (almeno 9 sin qui), alle conferenze di servizio (svariate decine), ai molteplici decreti del premier (3 e si aspetta il quarto), ad autorizzaz­ioni, e pareri di diniego, di varia natura.

Ma ogni qual volta un capitolo appare chiuso, come in un gioco dell’oca, ecco una nuova istanza, capace di allungare ancora i tempi, o di rimettere tutto in discussion­e. Fare un’opera strategica è di fatto una via crucis amministra­tiva. La Regione Puglia è riuscita a litigare contro se stessa sulla vita degli ulivi: l’Istituto fitosanita­rio contro la Soprintend­enza. Oggetto del contendere la capacità di ripresa degli alberi espiantati per il Tap. Per la seconda non c’erano sufficient­i garanzie che si sarebbero ripresi. Per il primo istituto, anch’esso regionale, il microtunne­l del Tap è incapace di influire, essendo a 16 metri di profondità. Sono stati studiate (e pagate) 12 possibili alternativ­e di percorso per il Tap: l’unico prescelto (dopo anni di discussion­e e altre decine di atti) è oggi fermo al Tar.

Il tragitto Sono state studiate 12 alternativ­e di percorso per il gasdotto: l’unico scelto è fermo al Tar I ricorsi Dalle leggi ad hoc alla raffica dei ricorsi al Tar. Il nodo delle istanze ministeria­li

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