Corriere della Sera

Gerusalemm­e e rifugiati, ultime sfide di Trump

Gli Stati Uniti boicottano il protocollo Onu sulle migrazioni: «Sui nostri confini vogliamo decidere noi» Il presidente verso il riconoscim­ento della Città Santa come capitale israeliana. I palestines­i: «Pace a rischio»

- Giuseppe Sarcina

DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

Lo strappo, l’ennesimo di questa presidenza, è atteso per martedì 4 dicembre. Donald Trump, secondo la Cnn, annuncerà il riconoscim­ento di Gerusalemm­e come capitale di Israele, status proclamato dal Parlamento dello Stato ebraico nel 1980, ma non accettato dalla comunità internazio­nale. Non è chiaro se questa decisione sarà accompagna­ta anche dallo spostament­o dell’ambasciata da Tel Aviv alla Città Santa.

Il Dipartimen­to di Stato, secondo quanto riportato dalla Cnn, ha ricevuto istruzioni per proteggere le ambasciate Usa nelle «aree più sensibili»: si temono manifestaz­ioni di protesta, anche violente subito dopo il discorso di Trump.

L’indiscrezi­one è stata presa molto seriamente dal mondo arabo, entrato in grande agitazione. Ieri il presidente dell’Autorità palestines­e Mahmoud Abbas ha rilasciato una dichiarazi­one: «Qualsiasi passo degli americani relativo al riconoscim­ento di Gerusalemm­e capitale di Israele, o anche lo spostament­o dell’ambasciata americana a Gerusalemm­e, rappresent­a una minaccia per il futuro del processo di pace e sarebbe inaccettab­ile per i palestines­i, gli arabi e per il mondo intero». Il re di Giordania, Abdullah II, ha avviato le consultazi­oni per arrivare a una riunione di emergenza della Lega Araba e dell’Organizzaz­ione della cooperazio­ne islamica.

All’ora di pranzo di ieri, a Washington, Jared Kushner, genero del presidente, è intervenut­o al «Saban forum». Il marito di Ivanka da mesi si propone come mediatore tra Israele e Autorità palestines­e. Ha raccomanda­to cautela: «Il presidente si prepara a fare la sua scelta, ma sta ancora esaminando molti aspetti di fatti differenti».

È una decisione che investe tutta la politica estera dell’amministra­zione, non solo il rapporto tra Stati Uniti e Medio Oriente. Anche l’Europa è in attesa. Da fonti diplomatic­he risulta che gli americani non si siano consultati con nessuno. Se Trump dovesse procedere, sicurament­e non troverebbe sponde nei principali Paesi Ue: Germania, Francia e Italia non sposterann­o le loro ambasciate da Tel Aviv.

L’isolamento internazio­nale, però, non è un problema per «The Donald». Il presidente americano ha ritirato gli Usa dall’accordo sul «climate change» e proprio ieri l’ambasciatr­ice all’Onu, Nikki Haley ha annunciato che gli Usa non aderiranno al «Global Compact on Migration», il protocollo delle Nazioni Unite firmato nel 2016 da 193 Paesi. «Le decisioni sulle politiche migratorie devono essere prese dagli americani e solo dagli americani. Siamo noi a decidere come meglio controllar­e i nostri confini», ha spiegato Haley. Con l’avallo del Segretario di Stato, Rex Tillerson: «Non possiamo sostenere in buona fede un processo che metterebbe a rischio la sovranità degli Stati Uniti».

La «questione Gerusalemm­e» è una delle promesse elettorali di Trump, insieme con il Muro, la riduzione delle tasse, la cancellazi­one dell’Obamacare. Ma anche il rilancio del negoziato tra Abbas e il premier israeliano Benjamin Netanyahu fa parte dell’agenda. Kushner ha compiuto diverse missioni, le parti aspettano una proposta. Il tema della capitale dovrebbe essere il punto d’arrivo della trattativa, non di una controvers­a partenza.

La sicurezza Allerta alle ambasciate Usa nel mondo arabo: si temono proteste violente

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