La bandiera nella caserma Il giudice: è usata dai naziskin
Il caso di Firenze, avviata l’inchiesta
Di nazisti il procuratore militare Marco De Paolis ne ha visti anche troppi. Ha chiesto e ottenuto la condanna dei carnefici dell’eccidio di Sant’Anna di Stazzema e delle vili rappresaglie sulla linea Gotica. E sa che la loro mistificazione della storia («ubbidivamo agli ordini») in parte si avvicina a quella dei naziskin di oggi. «Che in tutta Europa per salvarsi dalla giustizia utilizzano anche la bandiera della Kaiserliche Marine, la Marina militare della Germania imperiale tra il 1871 ed il 1919 — spiega — che hanno trasformato in un simbolo della loro ideologia».
De Paolis non lo dice, per tutelare la riservatezza dell’inchiesta, ma uno dei filoni delle indagini cercherà di capire se il giovane carabiniere che ha appeso quel vessillo in caserma fosse realmente inconsapevole o se invece voleva fare proseliti di un’assurda e vergognosa ideologia anche in un luogo sopra ogni sospetto come la Baldissera di Firenze. «Nel codice penale militare non è previsto il reato di apologia di fascismo», ha spiegato ieri il procuratore De Paolis. Ma l’istigazione di un militare a disubbidire alle leggi sì ed è qui che si concentrerà questa prima inchiesta. Saranno fatti accertamenti anche per capire per quale motivo quella bandiera non è stata rimossa. Era visibilissima, non solo dall’esterno dell’edificio sbirciando dalla finestra, ma soprattutto in caserma.
Sull’episodio c’è anche una denuncia alla magistratura ordinaria e qui l’eventuale apologia di fascismo potrebbe essere contestata, ma dovrà essere accertata la consapevolezza del giovane di voler violare la legge. Ieri, alcuni accertamenti interni dei carabinieri hanno confermato che la bandiera del Reich trionfava indisturbata nella camera in cui c’erano più letti. Svelata anche la natura del poster in cui si vede il leader della Lega, Matteo Salvini, imbracciare un fucile mitragliatore. Si tratta di «Call of Salveenee», parodia del videogioco «Call of duty», dunque uno scherzo anche se di pessimo gusto considerato il luogo.
Ieri mattina il video pubblicato dal «sitodifirenze.it» tramite YouTube è stato rimosso. Al giornalista-blogger Matteo Calì, autore dello scoop, è arrivato questo messaggio: «Abbiamo ricevuto un reclamo in relazione al tuo video e in seguito alla verifica, la visualizzazione è stata bloccata nei siti di YouTube». Calì ha accettato il verdetto e ha postato il video su un’altra piattaforma di condivisione su Internet.
La posizione Era appesa al muro ed era ben visibile non soltanto sbirciando dalla finestra ma anche dall’interno dell’edificio