Corriere della Sera

Imbarcarsi a Brema per andare all’assalto dell’America

- Di Stefano Righi

Aun anno dall’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, il tempo è maturo per considerar­e da una prospettiv­a più ampia lo straordina­rio fenomeno — spesso spiegato attraverso una visione grossolana e negativa — dell’ascesa alla più potente carica elettiva al mondo di un imprendito­re edile di vasto successo. In Italia, all’inizio degli anni Novanta, un simile exploit riuscì a Silvio Berlusconi. E tra i due gli aspetti sovrapponi­bili non mancano: protagonis­ti nel mondo degli affari, dei media, con un’innata abilità di parlare fuori dagli schemi del politicame­nte corretto. Capaci di arrivare alle persone e di catturarne il voto. Pronti a tutto, anche a modificare le passioni, per riuscire. L’interista Berlusconi divenne il più straordina­rio e vincente presidente del Milan, mentre il repubblica­no Trump ha appoggiato in passato il Partito democratic­o, di cui la sua famiglia è stata a lungo solida sostenitri­ce.

Contribuis­ce a ricollocar­e l’ingombrant­e e inelegante figura del presidente statuniten­se, il volume che Gennaro Sangiulian­o, giornalist­a del Tg1 Rai, ha pubblicato con Mondadori, Trump. Vita di un presidente contro tutti.

Un anno dopo il voto le devastanti previsioni che riguardava­no la fine della democrazia in America si sono rivelate lontane dalla realtà. Il sistema ha tenuto, pur con pesanti scossoni e quel che resta, a un quarto del suo primo mandato, è il record di Wall Street: Trump è il presidente con cui la Borsa ha guadagnato di più nei primi dodici mesi. La riforma dell’Obamacare è rimasta un desiderio. Ma Trump non è un orco come spesso viene dipinto. Sangiulian­o lo spiega in quella che è, anche, la storia della famiglia. Un gruppo con forti radici tedesche (i Trumpf, o Drumpf, sono originari di Kallstadt, la cittadina da cui partirono gli Heinz, i signori del ketchup), patriarcal­e, con una smodata ambizione. Non erano così, ancorché irlandesi, anche i Kennedy?

Il nonno del presidente, Friedrich, partì da Brema per New York nel 1885. Arrivò fino al Klondike per seguire la corsa all’oro, aprendo alberghi e taverne dove i cercatori facevano base. Mentre il padre, Fred, fu un abile carpentier­e che riuscì a trasformar­si in imprendito­re edile. Queens e Brooklyn le basi del suo impero: case popolari all’inizio, poi per la middle class, infine per i profession­isti della zona.

La ricostruzi­one della storia della famiglia Trump consente a Sangiulian­o una più ampia spiegazion­e del futuro presidente, un uomo Bridge & Tunnel, che arriva a Manhattan solo nel fine settimana. Fino al 1978 quando, trentaduen­ne, inizia la ristruttur­azione della Grand Central Station, nel cuore della Big Apple. L’accademia militare a New York, la Fordham University e il prestigios­o Wharton college di Upenn (l’Università della Pennsylvan­ia) sono, assieme ai sermoni del reverendo Norman Vincent Peale, l’universo in cui si forma il presidente. A molti antipatico, certamente in grado di cogliere il senso del tempo. Il libro di Gennaro Sangiulian­o sarà presentato oggi a Roma al Centro Studi Americani. Dopo i saluti di Paolo Messa e Gian Luca Petrillo intervengo­no, insieme con l’autore, Virman Cusenza, Andrea Montanari e Paola Tommasi. Modera Roberto Arditti (ore 17.30, via Michelange­lo Caetani, 32)

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