Corriere della Sera

«Accumoli, la mia casa depredata dopo il terremoto»

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Sono una sopravviss­uta al terremoto di Accumoli del 24 agosto 2016. Aiutati da mio nipote, io e mio marito siamo fuggiti dal balcone, poiché l’ingresso era bloccato. Al primo albeggiare mi colpì vedere le auto accorse sul luogo per i soccorsi: carabinier­i, polizia, vigili del fuoco, forestali, protezione civile, ambulanze. Prima la paura, poi lo shock che dura ancora; dopo la rassegnazi­one per aver perso la casa. Aspettando la rimozione delle macerie è sopraggiun­ta la speranza di ritrovare qualcosa. Ma ora, dopo aver presenziat­o alla rimozione delle macerie private, è arrivata la rabbia: non ho visto uscire alcun oggetto, anche piccolo o a pezzi. Solo qualche carta e qualche libro, una foto di mia mamma a un anno fra i suoi nonni e un frammento di una serie di ceramiche (erano 70 pezzi). Mi sono chiesta: ma è scoppiata una bomba all’idrogeno o è stato il terremoto? Tutto polverizza­to: porte blindate, mobili antichi e altro. Possibile? È sparita persino la caldaia dei termosifon­i. Trent’anni abbiamo impiegato per rimettere in piedi quella casa dopo il terremoto del 1979, quando ci furono tanti scandali. L’area è ancora zona rossa e per accedervi c’è bisogno del pass. Deduco che sono entrati gli sciacalli, addirittur­a con i camion. Quei poveri soldati messi di guardia agli accessi del paese, che stanno a fare al gelo? Ma mandateli a casa, poverini! Ormai non servono più: il saccheggio è avvenuto. E per noi, dopo il danno, anche la beffa!

Licia Pizzingril­li Ogni giovedì un caso di malasanità, o di disservizi­o pubblico; ma anche un ristorante dove si è mangiato male, un ufficio dove si è stati trattati peggio

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