La franchezza del mediatore Così Barnier parla agli inglesi (e cerca di unire i Ventisette)
Deputato a 30 anni, quattro volte ministro e due volte commissario, gollista, patriota ed europeista, il 65enne Michel Barnier non è incline all’oratoria un po’ formattata che tanti politici francesi hanno appreso all’École Nationale d’Administration. Il capo negoziatore Ue nelle trattative con Londra rivendica di venire dalle montagne della Savoia, e pratica una franchezza che deve averlo aiutato discutendo con i britannici. Alla cena annuale del Jacques Delors Institute presieduto da Enrico Letta, Barnier è chiamato a delineare «il futuro dell’Europa dopo la Brexit».
Barnier spera di concludere un trattato complessivo entro ottobre 2018. Lasciato passare qualche mese per le ratifiche, bisognerà poi stringere con il Regno Unito una nuova relazione commerciale. Secondo Barnier esiste un solo modello possibile, quello canadese. «Considerate le linee rosse stabilite dalla premier Theresa May, cioè l’uscita dal mercato unico e dall’unione doganale — è la sua idea — l’unica soluzione possibile è un accordo di libero scambio come quello tra Ue e Canada».
Prende la parola Enrico Letta, ringraziando scherzosamente Barnier «per avere fatto ogni sforzo per chiudere l’accordo in tempo, così da essere con noi stasera. Viviamo stasera un momento storico. Si è cercato di disfare l’Europa, ma con creatività la stiamo facendo. Dimostrando, anche grazie a Michel Barnier, che uscire è peggio che stare dentro l’Europa».
Nel corso della cena Michel Barnier evocherà un aspetto personale. Il suo primo voto è stato il «sì» all’adesione del Regno Unito all’Europa al referendum indetto dal generale De Gaulle. Un sì del quale non si è mai pentito. I Paesi europei possono continuare a lavorare insieme, indica Barnier, ed è convinto che la Brexit sia un indebolimento per entrambi. Anche quello raggiunto ieri non è un accordo winwin, valuta il negoziatore. Ma l’anno scorso eravamo stupefatti per la Brexit e l’elezione di Trump, continua, il 2017 invece è l’anno della resistenza e poi del volontarismo europeista.
Barnier fa girare tra i tavoli le fotocopie di un grafico con la posizione dei singoli Paesi europei e della Ue a 27 nella classifica mondiale. Dal 2015 al 2050, le potenze europee
Considerate le linee rosse stabilite dalla premier Theresa May, l’unica soluzione possibile è un accordo di libero scambio come quello concluso tra Ue e Canada Il negoziatore Non è un accordo winwin: sarà un divorzio doloroso per entrambe le parti
sono ai margini; se si considera la Ue, invece, resta nei primi quattro posti. L’unità che i 27 hanno trovato nella gestione della Brexit, è la visione di Barnier, adesso l’Unione Europea può usarla per fare altro, in positivo. E per capire, insieme, perché i britannici hanno votato per uscire, così come in certe regioni francesi il 40 per cento dei contadini ha votato Le Pen. Il compito dell’Europa è rispondere a questo sentimento di frustrazione popolare, sostiene Barnier.
La riflessione conclusiva è che si tratti alla fine pure sempre di un divorzio, costoso e mai piacevole. Sono stati raggiunti dei risultati, i diritti garantiti agli europei residenti nel Regno Unito; nessuna frontiera in Irlanda per proteggere la pace fragile. Ma ci saranno costi per tutti.