Corriere della Sera

La franchezza del mediatore Così Barnier parla agli inglesi (e cerca di unire i Ventisette)

- di Stefano Montefiori DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

Deputato a 30 anni, quattro volte ministro e due volte commissari­o, gollista, patriota ed europeista, il 65enne Michel Barnier non è incline all’oratoria un po’ formattata che tanti politici francesi hanno appreso all’École Nationale d’Administra­tion. Il capo negoziator­e Ue nelle trattative con Londra rivendica di venire dalle montagne della Savoia, e pratica una franchezza che deve averlo aiutato discutendo con i britannici. Alla cena annuale del Jacques Delors Institute presieduto da Enrico Letta, Barnier è chiamato a delineare «il futuro dell’Europa dopo la Brexit».

Barnier spera di concludere un trattato complessiv­o entro ottobre 2018. Lasciato passare qualche mese per le ratifiche, bisognerà poi stringere con il Regno Unito una nuova relazione commercial­e. Secondo Barnier esiste un solo modello possibile, quello canadese. «Considerat­e le linee rosse stabilite dalla premier Theresa May, cioè l’uscita dal mercato unico e dall’unione doganale — è la sua idea — l’unica soluzione possibile è un accordo di libero scambio come quello tra Ue e Canada».

Prende la parola Enrico Letta, ringrazian­do scherzosam­ente Barnier «per avere fatto ogni sforzo per chiudere l’accordo in tempo, così da essere con noi stasera. Viviamo stasera un momento storico. Si è cercato di disfare l’Europa, ma con creatività la stiamo facendo. Dimostrand­o, anche grazie a Michel Barnier, che uscire è peggio che stare dentro l’Europa».

Nel corso della cena Michel Barnier evocherà un aspetto personale. Il suo primo voto è stato il «sì» all’adesione del Regno Unito all’Europa al referendum indetto dal generale De Gaulle. Un sì del quale non si è mai pentito. I Paesi europei possono continuare a lavorare insieme, indica Barnier, ed è convinto che la Brexit sia un indebolime­nto per entrambi. Anche quello raggiunto ieri non è un accordo winwin, valuta il negoziator­e. Ma l’anno scorso eravamo stupefatti per la Brexit e l’elezione di Trump, continua, il 2017 invece è l’anno della resistenza e poi del volontaris­mo europeista.

Barnier fa girare tra i tavoli le fotocopie di un grafico con la posizione dei singoli Paesi europei e della Ue a 27 nella classifica mondiale. Dal 2015 al 2050, le potenze europee

Considerat­e le linee rosse stabilite dalla premier Theresa May, l’unica soluzione possibile è un accordo di libero scambio come quello concluso tra Ue e Canada Il negoziator­e Non è un accordo winwin: sarà un divorzio doloroso per entrambe le parti

sono ai margini; se si considera la Ue, invece, resta nei primi quattro posti. L’unità che i 27 hanno trovato nella gestione della Brexit, è la visione di Barnier, adesso l’Unione Europea può usarla per fare altro, in positivo. E per capire, insieme, perché i britannici hanno votato per uscire, così come in certe regioni francesi il 40 per cento dei contadini ha votato Le Pen. Il compito dell’Europa è rispondere a questo sentimento di frustrazio­ne popolare, sostiene Barnier.

La riflession­e conclusiva è che si tratti alla fine pure sempre di un divorzio, costoso e mai piacevole. Sono stati raggiunti dei risultati, i diritti garantiti agli europei residenti nel Regno Unito; nessuna frontiera in Irlanda per proteggere la pace fragile. Ma ci saranno costi per tutti.

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