Corriere della Sera

E se la Brexit fosse un’occasione?

- Di Sergio Romano

ABruxelles, negli scorsi giorni, la Premier britannica Theresa May e il presidente della Commission­e europea Jean-Claude Juncker hanno raggiunto una intesa che dovrebbe risolvere una buona parte dei problemi creati dal referendum del 23 giugno 2016.

Ma in Gran Bretagna esistono ancora uomini politici per cui la Brexit è un errore a cui è possibile rimediare con una coraggiosa correzione di rotta. Uno di questi è Nick Clegg, capo dei liberal-democratic­i dal 2007 al 2015 e vice Premier per cinque anni nel governo di David Cameron. Le sue credenzial­i europee sono impeccabil­i. Ha una moglie spagnola e tre figli con nomi latini. Ha avuto incarichi impegnativ­i alla Commission­e di Bruxelles, parla cinque lingue ed è stato membro del Parlamento europeo. In un libro apparso recentemen­te (How to stop Brexit and make Britain great again, come fermare la Brexit e ridare alla Gran Bretagna la sua grandezza) Clegg cerca di spiegare ai suoi connaziona­li quali e quanti vantaggi il Regno Unito abbia ricevuto dall’Unione Europea negli anni in cui ne faceva parte.

Ha potuto lasciare una forte impronta nazionale sulle principali caratteris­tiche del mercato unico. Ha ottenuto, grazie alla tenacia e alla grinta di Margaret Thatcher, un considerev­ole sconto sul suo contributo finanziari­o alla politica agricola comune (85 miliardi di sterline dal 1985 a oggi). È stato esentato (nel gergo dell’Ue ha «opted out») dagli accordi di Schengen per l’apertura delle frontiere ai cittadini dell’Ue; dall’introduzio­ne dell’euro; dalla piena adesione alla co0perazio­ne giudiziari­a e di polizia in materia di diritto penale; dal rispetto di tutte le clausole della Carta dei diritti fondamenta­li. Vi è una materia, tuttavia, in cui non ha chiesto esenzioni. Quando si parla di difesa preferisce partecipar­e alle discussion­i comuni; ma soltanto per opporre il suo veto a ogni progetto di unione militare. Finché la difesa dell’Europa sarà lasciata alla Nato, la Gran Bretagna, grazie ai suoi rapporti con gli Stati Uniti, sarà più atlantica che europea.

Naturalmen­te questa generosa elargizion­e di licenze ha incoraggia­to altri Paesi ad avanzare richieste analoghe per le materie in cui non volevano rinunciare alla loro sovranità. Non è tutto. L’ironia della storia ha voluto che tutte queste eccezioni venissero elargite alla Gran Bretagna dopo negoziati in cui la lingua di lavoro (soprattutt­o negli incontri informali, spesso decisivi) fosse quasi sempre l’inglese. Clegg osserva nel suo libro che l’ingresso della Gran Bretagna nella Comunità economica europea, come si chiamava ancora nel 1973, ha avuto l’effetto di ridurre considerev­olmente l’uso del francese. Sappiamo quanto sia utile, per una grande organizzaz­ione multinazio­nale avere una lingua veicolare. Ma l’Europa unita non può rinunciare alla ricchezza del suo straordina­rio retaggio culturale.

Le intenzioni di Clegg sono certamente onorevoli. Crede nell’Europa, teme che il suo Paese piombi in una sorta di ombroso provincial­ismo e cerca di spiegare ai suoi connaziona­li che possono ancora battersi per ottenere un nuovo referendum. Ma nelle sue consideraz­ioni vi è anche un argomento nazionale. Quando deve giustifica­re la sua posizione dice al lettore: «La Gran Bretagna, come membro dell’Unione Europea, ha sempre goduto di uno statuto speciale; se volessimo, potremmo continuare a goderne. Sarebbe la logica continuazi­one di quanto abbiamo già realizzato in numerose occasioni». Se questa è la posizione di un sincero europeista britannico, dovremmo considerar­e la Brexit una occasione da cogliere piuttosto che un errore da correggere. Sul Corriere di ieri Franco Venturini ha ricordato che le politiche di Trump stanno rendendo l’Europa più adulta e più unita. L’assenza della Gran Bretagna, se lo vogliamo, potrebbe avere lo stesso effetto.

In prospettiv­a L’assenza della Gran Bretagna (con le sue limitazion­i) potrebbe rendere l’Ue più adulta

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La stretta di mano tra May e Juncker
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(Afp) Bandiere L’Union Jack e la bandiera europea sventolano all’angolo tra due strade a Londra

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