Corriere della Sera

Dal sisma alla camorra le battaglie di don Riboldi un vescovo di strada

Morto a 94 anni, lasciò la Lombardia per il Belice e Acerra

- Di Luigi Accattoli www.luigiaccat­toli.it

● Prime esperienze da parroco a Novara e poi a Montecompa­tri (Lazio), nel ’58 arriva a Santa Ninfa, Valle del Belice, dove condivide con i fedeli il dramma del terremoto. Nel ‘78 Paolo VI lo nomina vescovo e lo chiama ad Acerra (Napoli) dove diventa vescovo anticamorr­a

Era stato il prete dei terremotat­i in Sicilia e poi il vescovo del riscatto dalla camorra ad Acerra: Antonio Riboldi, 94 anni, è morto ieri all’alba a Stresa, in Piemonte, nella casa dei Rosminiani ai quali appartenev­a. Aveva chiesto d’essere sepolto nella cattedrale di Acerra dove domani si farà il funerale e sarà lutto cittadino. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, siciliano, l’ha ricordato in un messaggio ai famigliari e alla congregazi­one dei Rosminiani.

Lombardo di nascita, arriva nel Belice come parroco nel 1958 e lì vive il terremoto del 1968. Abita come tutti per un decennio in una baracca, dice messa all’aperto, diviene il portavoce dei senzacasa mentre la mafia si mangia i fondi della ricostruzi­one. Per scuotere dall’inerzia la gente e le autorità porta i bambini di Santa Ninfa a Roma: dal Papa, al Quirinale, in Parlamento.

Del suo arrivo nel Belice, quando aveva 35 anni, così aveva parlato dopo mezzo secolo in un libro di memorie intitolato «I figli del terremoto» (pubblicato nel 2009): «Non ci fu accoglienz­a festosa, anzi. Santa Ninfa, allora, sembrava dominata dalla mafia rurale che aveva nelle mani tutto il paese e non permetteva alcuno spazio di libertà, di pensiero e di azione. Si doveva solo piegare la testa e accettarne le leggi. Ciò che fin dall’inizio non accettai, consideran­dola una grave offesa alla mia dignità». Nel 1978 Paolo VI lo nomina vescovo di Acerra, nel napoletano. Al momento della consacrazi­one a vescovo, in una spianata tra le baracche dei terremotat­i di Santa Ninfa, così ricorda il «lungo e impietoso deserto» che il popolo del Belice era stato costretto ad attraversa­re: «In questi anni sono passate davanti ai nostri occhi tutte le prove che un uomo può sopportare: povertà, emigrazion­e, umiliazion­i per avere un pezzo di pane, disprezzo, emarginazi­one da ogni tentativo di lecito benessere, la vita inumana nelle baracche, l’esasperant­e attesa di una casa».

Con le denunce, le testimonia­nze davanti ai magistrati e alle commission­i d’inchiesta, i libri e le mostre, le conferenze e le interviste, la partecipaz­ione ai dibattiti televisivi e alle dirette delle celebrazio­ni papali don Riboldi è diventato, negli anni, il simbolo della via cristiana al riscatto del Belice e di Acerra, cioè delle popolazion­i più derelitte in lotta per i propri diritti.

Acerra è terra di camorra profonda. Al momento della nomina a vescovo dichiara a chi l’intervista nella baracca del Belice: «Credo che la situazione sia peggiore di qui. Continuerò là il mio lavoro». Alla domanda su che cosa avrebbe voluto suggerire agli altri vescovi diede una risposta alla papa Francesco: «Di scendere tra la gente, di togliere filtri e burocrazie, di farsi servi di tutti come dice il Vangelo: non c’è altra scelta per fare il vescovo oggi».

Anche ad Acerra conquista l’affetto della popolazion­e e il rispetto degli stessi camorristi. Lo chiamano i pentiti che sono in carcere. Persino Raffaele Cutolo gli vuole parlare. Quando lascia il governo della diocesi si procura un sito Internet per continuare il suo lavoro di «annuncio del Vangelo ai poveri»: è uno dei primi vescovi della Penisola a mettere piede nella Rete.

In ogni stagione della lunga vita Riboldi è stato una delle figure più convincent­i di prete e di vescovo dei poveri nell’Italia degli ultimi decenni.

Il capo dello Stato Sergio Mattarella l’ha ricordato in un messaggio ai famigliari e alla congregazi­one dei Rosminiani Chiese di essere sepolto nella cattedrale di Acerra, dove domani si farà il funerale e sarà lutto cittadino

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Studi universita­ri in Lingue, interrotti per la sua missione di «rosminiano» chiamato dall’ordine a predicare tra la sua gente, era sacerdote dal 1951
 ??  ?? Tra i terremotat­i A fianco, Riboldi durante la sua esperienza nel Belice. Nella foto a colori, in basso a sinistra, sfila con un corteo di coltivator­i a Napoli
Tra i terremotat­i A fianco, Riboldi durante la sua esperienza nel Belice. Nella foto a colori, in basso a sinistra, sfila con un corteo di coltivator­i a Napoli

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