Corriere della Sera

Luca, lo scacchista più forte d’Italia a diciassett­e anni: sarà il mio lavoro

Il titolo nazionale a Moroni, liceale brianzolo «Mi preparo giocando quattro ore al giorno»

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ra, il torneo era equilibrat­o, ma in questo periodo sono molto in forma». È il terzo anno che Luca partecipa al campionato italiano: quarto nel 2015, l’anno scorso «un disastro, ma mi è servito da lezione», fino all’exploit di ieri.

Come spesso capita ai grandi scacchisti, Luca è stato un bambino prodigio. «Ho iniziato a sei anni. Mio padre mi voleva insegnare la dama, ma a me piacevano tutti quei pezzi uno diverso dall’altro». In famiglia non erano giocatori, il padre è ambulante di salumi e formaggi, la madre ha un laboratori­o dove cuce divani. Luca è andato avanti da solo. A sette anni il primo torneo. «Lessi il volantino a scuola. La domenica mi presentai». L’inizio non è dei migliori. «C’erano molti adulti, ho pareggiato una partita e perso tutte le altre. Ma mi sono divertito tantissimo, è stato amore a prima vista».

Decide di fare sul serio, si iscrive al circolo di Ceriano Laghetto, e non si ferma più. Vice campione del mondo under 16, è diventato Maestro nazionale a 13 anni, Maestro internazio­nale a 16, dallo scorso agosto è Grande maestro, l’élite di questo mondo, appena una decina di nomi in Italia. Per Luca non è più sempliceme­nte un gioco. «Mi alleno quattro ore al giorno, quando torno da scuola. I compiti li dopo. C’è molto da preparare, si studiano le aperture, oppure i finali. Si analizzano le partite dei grandi campioni, ci si confronta con il computer che è più forte dell’uomo. Soprattutt­o con l’ingresso della tecnologia, la teoria è in continuo sviluppo, bisogna restare sempre al passo con gli altri».

Nelle giornate di Luca resta In azione Luca Moroni, 17 anni, durante una delle sfide per il titolo italiano a Cosenza. A sinistra, da bambino poco tempo per fare altro. «Mi piace il calcio, sono tifoso della Juventus, prima giocavo due volte alla settimana ma la domenica non potevo andare alle partite perché c’era sempre qualche torneo. Ho dovuto smettere. Ho iniziato allora con il tennis, ma ho mollato anche quello». Nei limiti del possibile cerca di fare tutto ciò che fanno i suoi coetanei. Le uscite con i compagni di classe, e soprattutt­o con gli amici scacchisti. «Abbiamo la stessa passione, è facile ritrovarci». Ammette di leggere poco, di amare la musica e il cinema.

Gli scacchi hanno forgiato il suo carattere. «Ti abituano alla logica che torna utile anche in altri campi. Ma anche a maturare come persona. I genitori non possono sempre seguirti, io a 12 anni viaggiavo già da solo.

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