Corriere della Sera

IL FUOCO AMICO DELLA CHE COLPISCE I SUOI LEADER

SINISTRA

- Alberto Voltaggio, presidente Cattleya

Dall’8 dicembre il Museo Egizio di Torino espone in Cina 235 reperti risalenti all’ottavo secolo avanti Cristo. Accade a Zhengzhou, all’Henan Provincial Museum. Affascinan­te l’accostamen­to delle 89 statuette funerarie agli splendori dei guerrieri di terracotta di Xian. Mio figlio Giacomo (studente liceale a Zhengzhou per l’intero anno scolastico) l’ha visitata ieri, e mi ha mandato orgoglioso la foto del biglietto. Bello scoprire questo esempio della Via della seta culturale che corre parallela alla nuova Via della seta commercial­e che già ora collega Zhengzhou all’Europa con 11.000 chilometri di binari e 1.140 treni, un ramo della quale (Chengdu-Mortara) è stato inaugurato di recente.

FUTURO

Le lettere firmate con nome, cognome e città e le foto vanno inviate a «Lo dico al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano Fax: 02-62827579

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Aldo Cazzullo - «Lo dico al Corriere» «Lo dico al Corriere» @corriere

Caro direttore,

nel Labour Party c’è di tutto: riformisti, sindacalis­ti, liberali progressis­ti, persino marxisti. Però l’idea di fondo è che innanzitut­to occorre battere l’avversario tradiziona­le, cioè i conservato­ri, e ora anche i populisti, salvo poi fare i conti all’interno. Da noi le cose stanno diversamen­te. Vero è che la storia della sinistra italiana non è confrontab­ile con quella della sinistra inglese, ma fatto sta che per la sinistra nostrana il nemico da battere è sempre colui che fino a ieri era compagno di Partito. È logico che l’elettorato, confuso e disgustato, si rifiuterà sicurament­e di premiare queste forme di infantilis­mo politico.

Caro signor Voltaggio,

IRoma

l fuoco amico, il desiderio irresistib­ile di abbattere l’avversario interno è stata sempre una caratteris­tica della sinistra italiana, in particolar­e dopo la fine della Prima Repubblica e del Partito comunista italiano.

Ogni questione ideologica e di programma diventa l’occasione per una frattura o la nascita di un partitino. D’altra parte chi è al comando in un determinat­o momento sembra

Le lettere a Luciano Fontana vanno inviate a questo indirizzo di posta elettronic­a: scrivialdi­rettore@corriere.it più interessat­o a riaffermar­e la propria identità che a far convivere anime diverse indirizzan­dole verso un obiettivo comune. C’è sempre nell’ombra qualcuno pronto ad abbattere il leader nascente, a limitarne le possibilit­à, a sfinirlo con il gioco d’interdizio­ne. L’elenco dei leader bruciati dal centrosini­stra in questi anni è impression­ante: Achille Occhetto, Romano Prodi, Massimo D’Alema, Giuliano Amato, Francesco Rutelli, Walter Veltroni, Pierluigi Bersani, Enrico Letta. E ora anche Matteo Renzi è sulla stessa strada. E una stagione che doveva portare l’Italia a un sistema bipolare finisce con un ritorno al proporzion­ale che, soprattutt­o a sinistra, esalta questa tendenza autolesion­ista. diffondere buoni sentimenti (a quello pensa la propaganda). Gomorra è, prima che un successo popolare, un’opera unanimemen­te considerat­a dalla critica internazio­nale e dalla profession­e mondiale una delle migliori serie di tutti i tempi, in un tempo in cui la serialità ha largamente occupato quello che era lo spazio del solo cinema d’autore. Se questo è vero, Gomorra ha fatto tutto intero il suo dovere e non c’è altro da aggiungere. La ricerca sulla realtà c’è, ed è maniacale, sui fatti, le parole, le facce, i luoghi e gli oggetti: ma quanto è più precisa, tanto la creazione è più libera di generare una visione artistica, che è autonoma. Gomorra non è portatrice della descrizion­e «reale» della camorra; come, si parva licet, l’Iliade non rappresent­a la «realtà» dell’assedio a Troia, o Gangs of New York non racconta precisamen­te le origini di quella città. Non deve instillare pensieri corretti (come non lo fanno Dostoevski­j, Céline o Scorsese). L’idea che le opere di narrazione o rappresent­azione abbiano una funzione sociale diretta è propria del pensiero totalitari­o (realismo socialista, lotta all’arte degenerata). Il politicame­nte corretto dominante, che è fondato sulla rimozione, sta minando il concetto — fondamenta­le per la libertà umana — dell’autonomia dell’espression­e artistica. E nella confusione che ne nasce anche i migliori rischiano di perdere la lucidità. Così si comincia a pensare che Schiele e Balthus siano immorali e non vadano esposti. Ciò detto, le opere e il linguaggio, se hanno una verità artistica, un «effetto» sul pubblico lo hanno. Lo mettono in contatto col proprio inconscio, dove non c’è distinzion­e fra buoni e cattivi e dove in ognuno si annida il peggio e il meglio. Céline instilla l’orrore per l’inclinazio­ne fascista e antisemita della piccola borghesia molto più di un brutto film edificante. Non è il suo scopo, ma è il suo effetto. Gomorra, e chi l’ha vista lo sa, stabilisce un’equivalenz­a fra l’huis clos della criminalit­à organizzat­a (con il suo nocciolo familistic­o) e il dominio della morte. Gomorra è tragedia, destino e rito, e in chi la vede si instaura la percezione profonda del nesso fra rifiuto del diverso (dell’«estraneo») e negazione della vita. Non c’è emulazione quando nello specchio c’è l’immagine della morte: c’è rifiuto.

Riccardo Tozzi,

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