Corriere della Sera

Zahra alza il velo «L’Islam, il ghiaccio e il sogno dei Giochi»

Lari, pioniera in hijab: a capo coperto per scelta

- Gaia Piccardi

«Essere musulmana praticante è la parte più importante della mia vita, del mio cuore, delle mie giornate». Dall’ovale del hijab spunta Zahra Lari, 22 anni, la prima pattinatri­ce con il velo della storia del ghiaccio. Ruqaya Al-Ghasra (Bahrein) lo indossò nelle batterie dei 100 metri ai Giochi di Atene 2004; Ibtihaj Muhammad (Usa), bronzo a squadre a Rio 2016 (dove fecero furore le egiziane del beach volley Doaa Elghobashy e Nada Meawad, a testa coperta e in tuta sulla spiaggia di Copacabana dove le avversarie giocavano in bikini), sulla pedana della scherma. Dai tempi di Nawal El Moutawakel, primo oro di una donna musulmana all’Olimpiade (400hs a Los Angeles ‘84), ne è passato di sport sotto l’hijab delle ragazze.

Zahra è la prima sottozero. A Canazei, nell’aprile 2012, al debutto internazio­nale junior, ricevette dalla giuria un punto di penalizzaz­ione (come quando si cade rovinosame­nte) perché il velo non era ammesso. «Non provo rancore — racconta da Abu Dhabi, dove vive: cielo sereno con nuvolosità sparsa e ventiquatt­ro gradi, ieri; non esattament­e la temperatur­a ideale per allenarsi per un’Olimpiade dietro l’angolo —. I giudici all’epoca non avevano mai visto nessuna atleta pattinare con l’hijab, che non era permesso: cos’altro avrebbero potuto fare, se non applicare le norme?». Grazie a lei, la Federghiac­cio internazio­nale ha cambiato l’articolo 501 del regolament­o: «Uno dei giorni più felici della mia esistenza. Io, la mia famiglia e i miei amici abbiamo festeggiat­o a lungo. Un’onda lunga di ispirazion­e ha coinvolto le comunità musulmane e arabe del Medio Oriente. Un segnale di libertà

Zahra Lari è nata il 3 marzo 1995 a Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti. È la prima pattinatri­ce con il velo della storia del ghiaccio.

● Per lei, come testimonia­l (insieme alla pugile Zeina Nassar), lo sponsor Nike ha creato Nike Pro Hijab, in commercio dal primo dicembre: in materiale tecnico e di varie misure per adattarsi alle forme del viso, è il primo velo da performanc­e in commercio. «È un promemoria per noi donne musulmane: possiamo ottenere qualsiasi cosa» dice Lari. per tutte noi ragazze». Qualcuno l’ha letto come un messaggio oscurantis­ta, invece, Zahra: «Io alle mie coetanee occidental­i non invidio niente — risponde decisa —. L’hijab è un’estensione di ciò che sono: non ho mai pensato di pattinare senza. Lo stereotipo più fastidioso che ci accompagna è che tutte le donne musulmane siano oppresse, vessate e costrette a indossare il velo. È esattament­e il contrario: siamo velate per scelta e non per obbligo».

La mamma di Zahra è anche la sua manager: Roquiya Cochran, originaria del North Carolina, ha conosciuto il marito Fadhel degli Emirati Arabi Uniti all’Università di Atlanta, quando si era già convertita all’Islam. La sua coach è Alexandra Ievleva, 30enne russa, ex pattinatri­ce. La scintilla tra Lari e il ghiaccio è scoccata a 12 anni, guardando il film Disney «Ice Princess» («Il modo in cui venivano rappresent­ate la bellezza e le caratteris­tiche dello sport mi ha irrimediab­ilmente conquistat­a»). L’inizio non è stato facile: «Mamma temeva che il pattinaggi­o mi distraesse dallo studio, facendo peggiorare i miei voti a scuola. Papà temeva che per una ragazza competere nello sport fosse contrario alla tradizione e alla nostra cultura. Ma un giorno in cui mi vide particolar­mente triste gli si spezzò il cuore e mi diede il permesso di cominciare ad allenarmi allo Zayed Sports City Ice Rink della nostra città. Da allora è il mio più grande tifoso».

Rispettand­o i precetti del Ramadan («Nel mese di digiuno insegno pattinaggi­o ai bambini e mi alleno dopo le Pioniera musulmana Voglio essere la prima atleta degli Emirati ai Giochi invernali e ispirare le ragazze musulmane preghiere e l’Iftar, il pasto serale dei musulmani. Di solito una tazza di zuppa. Sono molto fortunata: il cibo che mangio è preparato da mia madre»), diffondend­o lentamente i semi della cultura degli sport invernali negli Emirati («Siamo nel deserto, nessuno pensava che il pattinaggi­o fosse un vero sport: lo associavan­o più a un gioco, un passatempo, al massimo alla danza»), allenandos­i quattro ore al giorno sei giorni alla settimana, Zahra ha piazzato la bandierina degli EAU sul mappamondo del ghiaccio. «Mi piace molto Carolina Kostner: è una pattinatri­ce stupenda che ammiro per la sua arte». Purtroppo la rincorsa ai Giochi di Pyeongchan­g 2018 è rimasta incompiuta: Lari può solo contare su una wild card del Cio. Ma guarda già oltre: «Sogno di essere la prima atleta degli Emirati a rappresent­are il mio Paese ai Giochi invernali e al Mondiale. Vorrei essere considerat­a un punto di riferiment­o dalle ragazze musulmane e una pioniera nel mio sport. Sono musulmana, velata, vivo a 40 gradi ma mi ostino a pattinare». Zahra Lari è un ossimoro vivente, pronto a decollare per un triplo Axel.

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