Corriere della Sera

I DOVERI (IN PIÙ) DEI GIUDICI

Ci si chiede come ha fatto un «maestro» di tal fatta a entrare nel Consiglio di Stato che fornisce pareri su regolarità e legittimit­à degli atti amministra­tivi

- Di Gian Antonio Stella

«Soldato Jacovacci, ti sarà el più anzian ma ti xé anca el più mona», dice un sottuffici­ale nel film «La grande guerra» ad Alberto Sordi, appena promosso caporale e già sbronzo di potere. E così verrebbe da rispondere al giudice Francesco Bellomo che, prima di far sparire il materiale più imbarazzan­te dal web, si vantava anche d’avere «un quoziente intelletti­vo di 188 (media umana 100)» e d’aver avuto «un’immensa quantità di donne». Peraltro, aggiungeva il gentleman, «di elevata qualità media». Lasciano senza fiato le vanterie da galletto del consiglier­e di Stato finito in questi giorni sulle prime pagine per le «regole» dettate alle giovani laureate in giurisprud­enza che per entrare in magistratu­ra si erano iscritte al suo corso di formazione alla scuola «Diritto e scienza». Basti leggere il diario delle «conquiste» da sciupafemm­ine sbandierat­e sulla rivista «scientific­a» della scuola e rivelate da Virginia Piccolillo: «Ci incontriam­o prima della lezione sul piano dove alloggio e lei mi abbraccia e bacia ripetutame­nte… Sono stato anni in Sicilia quindi non posso attribuire la veemenza della fanciulla al temperamen­to della specie femminile locale». Finezze da caserma che mai si sarebbe permesso neppure il mitico «Zanza», storico maschio alfa dei bagnini riminesi. Ma il punto, ovvio, non è questo. Né le fanfaronat­e ulteriori inserite nei «contratti» da questa specie di Capitan Sputasaett­e in toga.

Come, per citare il Consiglio di Presidenza della giustizia amministra­tiva che lo vuole destituire, «una clausola limitativa relativa a matrimonio e fidanzamen­to». Per capirci: «applicando i dettami della teoria della selezione naturale» la scelta dei fidanzati «deve cadere sul soggetto che presenta le caratteris­tiche più vantaggios­e. La preferenza deve essere dunque accordata al soggetto più dotato geneticame­nte».

Il punto è: come ha fatto un «maestro» di tal fatta a entrare a Palazzo Spada, la sede di quel Consiglio di Stato che fornisce al governo e alle regioni i pareri sulle regolarità e la legittimit­à dei vari atti amministra­tivi e ha l’ultima parola sulle sentenze, spesso delicatiss­ime, dei vari Tar? Fosse anche tecnicamen­te un genio, la preparazio­ne «scientific­a», da sola, può bastare? O un giudice davvero all’altezza dei compiti che gli sono stati affidati, come suggerisce il buon senso, deve essere dotato anche di sobrietà, misura, consapevol­ezza del ruolo ricoperto?

In ogni cesta, ovvio, può esserci una mela ammaccata. O addirittur­a marcia. Si pensi al giudice Diego Curtò, che per non farsi trovare con le mani nel sacco gettò i soldi della corruzione in un cassonetto. O al collega Nicola Russo, consiglier­e di Stato, condannato con rito abbreviato in primo grado a poco più di un anno per prostituzi­one minorile. O ancora a quell’altra «toga», Claudio Nucci, che in primo grado di anni ne ha presi quindici per pedofilia anche per certe intercetta­zioni: «Ho portato 50 euro a un fidanzatin­o. Non posso dirti quanti anni ha sennò mi mettono in galera». E via così.

Capita. In tutti i mestieri. Proprio per la delicatezz­a del compito loro assegnato, però, ai magistrati che devono giudicare gli altri viene chiesto di essere più solleciti nel raccoglier­e le denunce, più

Profilo ideale Un magistrato deve essere dotato anche di sobrietà, consapevol­ezza del ruolo ricoperto

zelanti nell’esaminarle, più severi non solo nel giudicare i reati ma nel pesare l’opportunit­à di certi comportame­nti. Lo sono stati? Sempre? O hanno preferito spesso non calcare la mano o addirittur­a nascondere la polvere sotto il tappeto come è successo troppe volte nei confronti di chi per anni grondava di arbitrati e ricchissim­i incarichi esterni e ci scherzava su dicendo che «la legge è la moglie, gli incarichi l’amante»?

Può darsi che scrivere in un «contratto» che «il borsista deve attenersi al “dress code” in calce e, comunque, deve curare la propria immagine anche dal punto di vista dina- mico (gesti, conversazi­one, movimenti), onde assicurarn­e il più possibile l’armonia, l’eleganza, la superiore trasgressi­vità» non sia un reato. E che non lo sia neppure, in situazioni e lavori e luoghi diversi, suggerire le minigonne e i tacchi a spillo.

Può darsi. Ma è opportuno pretendere questi pedaggi da cascamorto in un istituto privato che si presenta come una «Scuola di Formazione Giuridica Avanzata specializz­ata nella preparazio­ne al concorso in magistratu­ra ordinaria»? Ed è opportuno che altri magistrati in servizio, come il rodigino Davide Nalin, frequentin­o i convegni anti-violenza e insieme collaborin­o senza un cenno di dissenso

In tutti i mestieri La preparazio­ne scientific­a può bastare? In ogni cesta, ovvio, può esserci una mela marcia

con una rivista come quella citata dove intere puntate sono state dedicate a sgocciolar­e veleni, con nome e cognome, su una ragazza via via andata in crisi al punto di ridursi a uno scheletro di quarantuno chili?

«Non posso raccontare i fatti, perché sono tenuto al silenzio, ma non sono come li hanno descritti», ha detto il consiglier­e di Stato al Corriere, «Anche se lo fossero però sarebbe solo una vicenda di costume». Sic… Ma cosa insegna, un «professore» che dice una frase così insensata, solo commi, codici e codicilli?

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