Corriere della Sera

«Sono nata qui, mai avuto così paura I lupi solitari? Dovremmo aiutarli»

- di Giuseppe Sarcina DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

«Sono cresciuta in questa città, ma non mi sono mai sentita insicura come ora». Erica Jong risponde al telefono dalla sua casa-ufficio nell’Upper East side di Manhattan, una delle zone residenzia­li più ambite, dove vive

con il suo quarto marito, l’avvocato Ken Borrows. La scrittrice, figura chiave della cultura femminista, è nata settantaci­nque anni fa a New York in una famiglia, come ama raccontare lei stessa, di artisti. Suo padre, Seymour Mann, era una musicista ebreo di origini polacche; sua madre, Eda Mirsky, una pittrice e disegnatri­ce di tessuti. È diventata universalm­ente famosa nel 1973 con Paura di volare, un racconto sull’emancipazi­one sessuale femminile. Ultimo romanzo: Paura di morire, pubblicato nel 2015. Un altro attentato a New York...

«Ormai ogni giorno mi sveglio con l’idea che sia successo qualcosa di spaventoso. Stamattina ci ha telefonato l’assistente di mio marito. Passa sempre da Port Authority: “C’è stata un’esplosione, sono bloccata”. È una cosa che sembra far parte della nostra vita quotidiana. Invece siamo stati incredibil­mente fortunati perché la bomba è esplosa prima o in modo difettoso».

Anche questa volta, però, la città ha assorbito subito il colpo. In breve tutto è tornato alla normalità. È così? «Comincio dal mio stato d’animo. Sono cresciuta qui: trenta, venti anni fa non c’era questo clima. Non c’è mai stato. Non mi sono mai sentita così insicura come ora. Le nostre forze di polizia fanno un lavoro eccellente, nulla da dire. Anche il sindaco e il governator­e fanno il possibile. Ma il problema è che questi attentati sono completame­nte imprevedib­ili, possono capitare ovunque. È una situazione che mi ricorda l’epoca del terrorismo in Nord Irlanda. Può sembrare che New York si stia abituando, ma io ho l’impression­e che i newyorkesi siano molto nervosi,per non dire terrorizza­ti».

Donald Trump è stato eletto anche per le sue promesse sulla sicurezza. C’è qualcosa che non sta funzionand­o? «Trump è la fonte dell’insicurezz­a, non il rimedio. Mi aspetto sempre che faccia qualcosa di terribile, bombardare la Corea del Nord o altro. È un presidente che non sa niente, non conosce la storia. Ha commesso grandi errori fomentando la contrappos­izione degli Stati Uniti con il mondo musulmano e attaccando la stessa comunità musulmana nel nostro Paese».

Non è che il presidente interpreta anche sentimenti diffusi nell’America profonda?

«Certo, la nostra società è cambiata molto negli ultimi 10-20 anni. Anche New York. C’è meno comprensio­ne, disponibil­ità a immedesima­rsi negli altri, a cercare di capirli».

I «lupi solitari», i giovani terroristi, sono comparsi molto prima che Trump prendesse il potere…

«È una generazion­e di giovani che sono quasi sempre nati qui in America. Non li conosciamo, non sappiamo chi siano. Questo è il dramma. Leggiamo le loro vicende personali solo dopo che hanno commesso gli attentati. Sono uomini senza un lavoro, senza speranze che si radicalizz­ano su Internet. Bisognereb­be riuscire a intercetta­rli prima, uno per uno, per provare ad aiutarli. Ma sinceramen­te non so come si possa fare a identifica­rli». Non c’è soluzione, quindi? «Temo di no, per il momento. Dovremo davvero convivere con le nostre paure».

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